venerdì 14 dicembre 2012

San Dario



Il calendario ci ricorda che, oggi 19 dicembre, è San Dario e questo mi riporta alla memoria un “dramma” che vivevo da bambino. Parlo di quasi sessant’anni fa, quando in pochi si chiamavano Dario.
Allora i miei compagni di collegio erano soprattutto Salvatore, Filippo, Giuseppe, Antonio, Domenico, Francesco..., che noi  - non ancora inquinati dalle mode anglofone - nel quotidiano chiamavano: Turi, Totò, Pippo, Pino, Peppo, Peppuccio, Nino, Mimmo, Cecco, Ciccio... .
Per me niente di tutto ciò: io ero Dario e tutti mi chiamavano Dario, a parte una zia per la quale ero sempre stato Dariuccio.
Ed i miei compagni avevano anche un vantaggio: per loro - oltre al compleanno - c’era anche l’onomastico, u santu, come si diceva a Palermo, mentre per me c’era solo il compleanno, perché nessuno - neppure le suore del collegio - sapeva che esisteva il mio Santo, e quindi a me spettava solo una festa... .
Voi direte: ... ma c’è anche la festa di tutti i Santi... . 
Vuoi mettere quella con una festa tutta tua?
Me n’ero fatto un cruccio e, se da una parte ero lusingato dall’essere il solo Dario del collegio, dall’altra era una sofferenza essere orfano, oltre che del padre anche ...del santo.

E questa frustrazione me la sono portata dietro ancora per qualche anno, sia pure annacquata dal tempo che passava e quasi non ci pensavo più, quando al ginnasio conobbi una... Daria, una bella ragazzina di famiglia bene ed altolocata che guardava tutti con la puzza sotto al naso.
Io per fare amicizia le dissi: 
- Pure tu, come me, con il problema del Santo? 
E lei, arricciando il naso: 
- Santa Daria è il 25 ottobre..., sei tu che sei sbagliato!
Sbagliato io? Ma vattela a prendere nella giacca..., tu e tutte le Darie come te..., ma forse i termini erano stati più forti, poiché allora - come tutti quelli della mia età - dicevo anche le parolacce.
Il liceo era grande e non la rividi più... , ma la cosa era riaffiorata ed ora tornava a... seccarmi.
Poi un bel giorno Padre Neri, il gesuita che ci faceva religione, simpatico a tutti forse perché lo sentivamo diverso dagli insegnati di religione avuti fin lì, lui che aveva preso gli ordini solo a trent’anni, m’ebbe a dire: 
- Ma lo sai che alla Cappella Palatina c’è raffigurato il tuo santo?
- Come il mio santo? io non ho santi.
- Ma che sciocchezza! Certo che ce l’hai: è San Dario di Nicea, martire e la sua festa cade il 19 dicembre.
Oh, finalmente, avevo colmato la lacuna che tanto m'aveva angustiato l'adolescenza!
Quanti falsi problemi angustiano i ragazzi che non conoscono ancora la verità scolpita nei versi del sommo Leopardi: “...godi, fanciullo mio, stato soave, stagion lieta è codesta...”.

Padre Neri, il gesuita, lo stesso che mi avrebbe riconosciuto a prima vista vent’anni dopo quando, ormai uomo e padre di famiglia, ero andato a trovarlo nella sacrestia di Casa Professa, fece di più: alcuni anni dopo, ero già militare, m’inviò una cartolina della Cappella Palatina di Palermo dove, fra gli sfavillanti mosaici d’un arco spiccava un tondo dentro al quale c’era un volto barbuto e la scritta intorno “Aγιος Dareios”.
Ho tenuto quella cartolina per tantissimi anni, un po’ per l’amore che nutrivo verso quel sacerdote, un po’ perché sentivo - più o meno consciamente - che quel tondo faceva giustizia di una mia lontana ...frustrazione.

mercoledì 12 dicembre 2012

Santa Lucia a Palermo


Mi vedo ancora bambino a Mondello, oggi “spiaggia bene”, ma una volta solo un borgo di pescatori alle porte di Palermo, percorrere le strade che portavano dal collegio - dove vivevo - alla scuola elementare che sorgeva poco più in là dell’angolo della piazza principale. Un viaggio breve ed allegro, quotidianamente ripetuto con la gioia propria d’un bambino, quando tutto è una scoperta, una sorpresa.

E la sorpresa quel giorno doveva arrivare dalla maestra, della quale solo pochi giorni prima avevamo festeggiato l’onomastico con i biscotti da lei portati in classe, che - nel bel mezzo della mattinata - ci fa una domanda: “bambini, sapete che oggi tornando a casa non troverete a casa né pasta, né pane?”
Pendevamo dalle sue labbra con lo sguardo incredulo..., ma perché - ci domandavamo - eravamo stati così cattivi da dover rimanere in castigo senza mangiare?

La maestra, invece, sorrideva...: Tranquilli, bambini, ora vi racconto... .
Tanto, tantissimo tempo fa, quando ancora non erano neppure nati i nonni dei vostri nonni, in Sicilia era scoppiata una terribile carestia, si... proprio quella che succede quando non cresce il grano... .
I palermitani avevano fame, perché non c’era niente da mangiare, e le mamme non avevano niente da cucinare per i loro bambini... .
Allora il Re, impietosito da tanta disgrazia, benché s’andasse incontro alla brutta stagione, fece partire tutte le sue navi che, uscite dal porto, si diressero nelle quattro direzioni del mondo in cerca di grano per i poveri sudditi affamati.
Passa un mese, ...passano tre mesi e le navi non tornavano: la gente era sempre più affamata ed il Re più preoccupato poiché l’inverno era molto avanzato e la gente aveva perso le forze dalla fame... .

Quando ormai s’era perduta ogni speranza - era il 13 di dicembre - dalla torre del porto si levò un grido: una vela all’orizzonteeeeeeeee..., due..., anzi tre..., ci sono cinque navi che si avvicinanooooo..., sono le nostre e quasi affondano cariche come sono... .
La notizia si sparse in un battibaleno... e tutti corsero al porto..., non già per lo spettacolo - come succedeva ogni qualvolta che approdava una flotta - bensì per la speranza che fosse finalmente arrivato qualcosa da mangiare.
La gente impaziente vociava e spintonava, e qualcuno più temerario s’era perfino buttato in acqua per andare incontro ai velieri... .
Il Re in persona, scorato dalla sua guardia personale salì sulla prima nave, l’ammiraglia, e la trovò ingombra fin sui ponti di preziosi sacchi di grano e, poiché da terra il popolo aveva cominciato a vociare ed a reclamarne la distribuzione, ordinò che fosse subito distribuito alla gente.
Così i marinai cominciarono a gettare giù dalle murate i pesanti sacchi e la gente li raccoglieva e correva verso le proprie case. Ma siccome la fame era tanta, nessuno si diede pensiero di macinare il grano ed aspettare che si cuocesse il pane, sicché lo mangiarono così, appena bollito nell’acqua.

L’indomani, il Re ed il popolo tutto, per ringraziare il cielo che di tanta abbondanza li aveva beneficati, andarono in Cattedrale e fecero voto che “il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, non avrebbero mai più mangiato grano lavorato, né loro, nè i figli dei loro figli...” e così fu.

Ecco perché, oggi tornando a casa, non troverete né pane, né pasta: ...vi dovrete accontentare, si fa per dire, delle panelle, degli arancini di carne  e al burro, tutte cose fatte con farina di ceci o con il riso. Ma ci sarà anche la cuccìa che è fatta col grano bollito, in ricordo di quel grano mangiato per fame così com’era dai nostri antenati, solo che adesso... le mamme lo condiscono con cioccolato, canditi e la ricotta dolce... .

giovedì 6 dicembre 2012

Com'è difficile essere Italiani



Ogni giorno mi vado più convincendo che essere Italiani sia veramente difficile... .
Io che aspiro alla città del Sole! Io che ho vissuto tutta la mia vita in quell’utopia, dubito d’aver sprecato i miei giorni rincorrendo un ideale che, in questa nostra Patria, sembra non aver diritto di cittadinanza.
Non che sia un inguaribile ingenuo incapace di accettare l’esistenza del male, ma mi sono illuso che questo fosse l’eccezione: una malattia in un corpo sano suscettibile di guarigione.

Guardare un notiziario o leggere un giornale m’è diventato fonte di profonda depressione ed avvilimento, poiché l’ultimo pensiero di chi ha responsabilità parlamentari sembra quello del bene comune.
Oggi, nel giro di un’ora, l'irresponsabile comportamento dei nostri parlamentari - tesi alla difesa delle loro particolari posizioni - ha trascinato in basso le borse e dilatato lo spread aggravando viepiù la nostra situazione, con buona pace dei milioni di disoccupati e degli Italiani tutti.

Perfino lo scorrere taluni commenti sulla rete, m’induce allo sconforto quando vedo a palleggiare le responsabilità di cotanto sfacelo ad una o all’altra parte politica, come se corruzione, pressappochismo, carenza di valori, menefreghismo istituzionalizzato, sete d’illegittimo arricchimento fossero patrimonio d’una sola parte. Spia questa di un’assoluta incapacità di analisi obiettiva,  disabitudine alla libera critica e riprova di quanto i cervelli siano atrofizzati dalle segreterie dei partiti.
Io che ho sempre fatto testimonianza di ottimismo, lo stesso che mi induceva a sperare che il corpo fosse sostanzialmente sano e quindi suscettibile di guarigione, comincio a dubitarne ... .

mercoledì 5 dicembre 2012

L'Italia e l'Europa


Qualche giorno fa, facendo un biglietto ferroviario Novara - Milano, il gentile bigliettaio mi ha detto che se avessi già compiuto 60 anni, potevo usufruire dello sconto del 10%.

Io, ahimé, i sessanta li ho già superati da qualche anno ma è la prima volta che in Italia ne traggo un vantaggio. Dico, in Italia, perché in Inghilterra dovunque i sessantenni avevano sconti: sull’autobus, sui treni, a teatro... .

Oggi ho fatto un biglietto ferroviario per Roma e, forte dell'esperienza novarese di pochi giorni prima, ho dichiarato la mia età. Così ho saputo che per le FS, se vuoi lo sconto, devi acquistare una tessera (argento) che costa 30 euro; a Novara mi avevano praticato il 10% per Milano perché è la Regione Lombardia riconosce tale agevolazione per gli ultra sessantenni.

Grande Lombardia!
Ho sempre sostenuto che Milano è l’unica città europea che abbiamo in Italia. Oggi ho scoperto che anche la Lombardia sta in Europa.


martedì 4 dicembre 2012

Bandiere


Quando si viaggia all’estero, è un tripudio di bandiere in ogni dove: Parigi, Londra, Berlino... . Ovunque, dai palazzi del Governo alle case private, i colori nazionali rallegrano i quattro angoli delle città.  
Bandiere belle, pulite, stirate, nuove..., che garriscono al vento fiere ed orgogliose.
Altra storia è in Italia: qui da noi è raro vederne una e per lo più sono lacere e sgualcite.
Spesso sui palazzi pubblici, e talvolta perfino davanti alle caserme, penzolano come panni sbiaditi al sole, concreto simbolo di una tristezza infinita, di un orgoglio perduto, se mai avuto.
Non parliamo delle case private che si pavesano solo per la partita di calcio vinta o per la Ferrari... .
Dov’è finito il nostro orgoglio di Italiani? Dove la nostra dignità pubblica e privata?
Dove l’ardore dei Padri della Patria che per quest’Italia combatterono e morirono sui campi di Montebello, di Magenta, di San Martino?
Dove abbiamo relegato Dante e Leopardi? Dove Vivaldi e Verdi?
Dove Michelangelo, Leonardo e la schiera infinita di artisti ed architetti che a quest’Italia hanno dato il monopolio dell’arte?
Chi si ricorda ancora di Meucci, Marconi e Fermi?
Dove abbiamo nascosto vergognosi la nostra identità che ci fa unici al mondo?
Oggi l’Italiano appare come un popolo senza memoria, ignaro o indifferente a ciò che gli appartiene; triste come le poche bandiere che esibisce sporche, lacere e trasandate; ripiegato su se stesso e sulle presenti disgrazie, quasi fosse il solo a patirle.
Da questa Patria pretendiamo tante cose, ma ad Essa nulla siamo disposti a dare, neppure una bandiera dignitosa... .

lunedì 3 dicembre 2012

Ci sarà mai speranza per questa sinistra italiana?


La scommessa di Renzi, non era solo il sogno di un ragazzetto, ma era anche il mio che ragazzetto non sono più... .
Sono dispiaciuto che abbia perso: se avesse vinto mi avrebbe ridato un filo di speranza per questo nostro Paese contro la vecchia politica dell’apparato e delle segreterie di partito.
Il ragazzetto Renzo era la speranza in una vera social-democrazia, sconosciuta dalla vetero-sinistra e dai suoi fan che non riescono a scrollarsi di dosso il veleno dei  dissacrati testi di uno pseudo socialismo, ottuso, classista, sconfessato dalla storia.
Ma quel che “ancor m’offende è il modo” con cui ha perso:  chi aveva sperato in una vera svolta non riesce a scrollarsi di dosso l’opprimente sensazione che con Bersani abbiano vinto i vecchi forcaioli i quali, nel terrore del nuovo che avanzava, oltre al discredito personale di stalinista memoria, non hanno esitato a ricorrere ai mezzi anti-democratici delle schedatura,  in una sorta di corsa ad ostacoli che l’apparato alzava ad insindacabile giudizio dell’altro concorrente, che era poi il capo di quello stesso apparato.
Hanno provato a giustificarsi dicendo che perfino nelle primarie americane esiste una preregistrazione, dimenticando che viviamo in un’ Europa in cui tutti i cittadini hanno la scheda elettorale in tasca, sicché la registrazione diventava solo uno specioso strumento di preselezione per impedire quel suffragio  universale con il quale il vecchio conservatore temeva di confrontarsi.
Io che non ho mai avuto simpatie per gli estremismi e che, pertanto, ho sempre pensato al comunismo come ad un’esecrabile forma di oppressione, ma che sempre ho creduto nella giustizia e nella concordia dei cittadini a fronte della contrapposizione di classe, ascoltando Renzi  avevo sperato in un'occasione di rinnovamento.  
Così non è stato ed ormai dispero perfino che mai avrò la possibilità di vedere questa sinistra praticare la via della vera democrazia, svincolata una volta per tutte dalle vetero - ideologie e capace di cimentarsi con le grandi sfide delle società moderne, viepiù pressanti data l’attuale situazione d’emergenza socio- economica in cui versiamo.
Sento l’ultimo discorso di Renzi come una sorta di testamento.
Lui - però - ha meno di quarant’anni ed ha la visione del tempo come un suo alleato.
A me, che ancora ho poco da campare, toglie perfino la speranza.

giovedì 4 ottobre 2012

Dai un cappello ad un cretino...

Dalle mie parti c'è un detto: “dai un cappello ad un cretino e subito diventa un'autorità...”, con il quale si vuole prendere atto dell'italico malvezzo di abusare d'una posizione in qualche modo raggiunta.
Quotidianamente subiamo lo stillicidio di notizie sulla malefatte della politica: qualcosa la immaginavamo, ma la realtà sorpassa anche la più malevola fantasia, sicché abbiamo conseguito il non invidiabile primato d'essere tra i primi al mondo in fatto di corruzione.
 A questi cialtroni di pseudo politici non abbiamo dato un... cappello, bensì addirittura il mandato a rappresentarci, e costoro tutto alla fine rappresentano meno che il cosiddetto Popolo sovrano, poiché il sistema di democrazia delegata vigente, li mette al riparo dal dover rendere conto del mandato ricevuto. Privi di qualsiasi forma di Senso dello Stato e  della Cosa pubblica”, nonché di Educazione civica, qualità quest'ultima sconosciuta ai più nel nostro Bel Paese  dove - per tema che se ne formasse un embrione ci si è affrettati a bandirne l’insegnamento nelle scuole - alla vigilia d’una tornata elettorale, essi tornano a truccare le carte, perfino delle primarie, in modo trarre vantaggio personale del nostro voto e renderci così complici delle loro malefatte.
Stando così le cose, stanco dell'insolenza di questi mascalzoni prepotenti, arroganti  e prevaricatori, onde non rendermi complice di tanta vergogna, una volta recatomi alle urne farò mettere a verbale che non voglio votare in quanto non mi sento rappresentato da costoro, laddove per tutta la vita mi sono fatto un punto d’onore d’essere una persona onesta.

martedì 18 settembre 2012

No, no:... io ho capito perfettamente....


Ricevo una telefonata a casa:
- E’ il signor...? Si, e lei chi è?
- Qui è  il Centro dati per la sanità..., stiamo facendo una ricerca statistica...
- Mi faccia capire, quale Centro dati?
Lei, insofferente. ...ma quello della Sanità... .
Vorrei già mandarla a zappare il mare, ma poi pensi: è una che si guadagna il pane in un call center, lavoro stressate e mal pagato... .
- Mi dica, allora:

Seguono cinque domande le più generiche possibili: si avvale della struttura pubblica..., si serve dei mezzi pubblici..., fa movimento..., la sua età è fra i 45 ed i 75.... (?).

Ed alla fine conclude: lei, avendo risposto alle mie domande, ha la possibilità di ritirare uno dei seguenti oggetti, assolutamente gratis..., e sciorina l’elenco di costosi oggetti, perfino una pentola a pressione..., deve solo venire sabato a...
- Verrà?
- Assolutamente no...
- Ma perché...?  Ha paura di dover pagare...?
- Non verrò perché so già che mi troverò di fronte ad un venditore che...
Le mi interrompe e villanamente...:
- Lei non ha capito niente... .
E sbatte giù il telefono.

venerdì 7 settembre 2012

L'Arte ed i contributi statali


In questi giorni in cui a Venezia si tiene il Festival del Cinema, sono tornati al Lido anche i lavoratori di Cinecittà a protestare, in nome dell’arte, contro i tagli alle sovvenzioni al cinema nostrano.
Sabato su domenica scorsa, mi sono alzato verso le tre del mattino, come troppo spesso mi succede, purtroppo. Su Sky c'era un film: Così fan tutte, con Claudia Koll. Non avevo mai visto un film di Claudia: me la ricordavo solo su “Linda ed il maresciallo...”, la simpatica serie televisiva di qualche anno fà.
Incuriosito ho lasciato il film, che era già cominciato da una decina di minuti, ma non sono riuscito ad arrivare fino alla fine: era un porno unico senza alcuna trama; un succedersi di immagini sopra le righe e di rapporti sessuali, il più delle volte contro natura..., fine a se stesse ed atte solo a risvegliare i pruriti di qualche maniaco dalla mente debole.

Ma non è stato neppure questo a darmi fastidio, bensì il messaggio che il debosciato regista, Tinto Bras, ed i suoi autori vogliono mandare: il matrimonio è una gabbia; una prigione per sopravvivere alla quale i coniugi - e la donna  in particolare - deve vivere la propria sessualità in piena libertà, meglio se con incontri casuali. Quello dei coniugi che non accetta questa idea, è un ottuso tiranno ed è giusto che venga abbandonato... .
Proprio un magnifico messaggio, contrabbandato con l’alibi dell'arte e sovvenzionato con i contributi statali per lo spettacolo.

Di questi cattivi maestri, pagati ed arricchiti con le nostre tasse, l'Italia è piena e fin'ora se n'è compiaciuta.
Dubito, peraltro, che questa sia arte, mentre sono certo che un Paese civile non possa devolvere i soldi dei contribuenti per assassinare i valori fondamentali della famiglia ed i sani principi ai quali educare i suoi giovani.

Storia d'una rosa

Si chiama Carla. L'avevo trovata al supermercato, in una di quelle confezioni “segnatura e sacco a contenerne le radici”, posta in vendita con lo sconto di fine stagione. L'avevo comprata per metterla in vaso, sul balcone, perché allora abitavo ancora in condominio e non avevo un mio giardino.
Carla, messa dimora, senza che le accordassi particolari cure, prese a sbocciare... d'un rosso intenso..., inaspettato, sorprendente.
Bellissima, per essere la rosa in vaso d'un balcone del terzo piano, e faceva tanto casa l'avere un fiore tutto tuo, sia pure sul balcone della cucina: eravamo più giovani..., più assetati di vita.
Poi mia moglie fu ricoverata in ospedale con la solita minaccia d'aborto..., erano anni che cercavamo un figlio e questo se n'era sempre andato prima di vedere la luce: il primo a tre mesi di gestazione, il secondo a sei mesi, un parto questo ultimo per un maschietto che (allora) non sarebbe mai sopravvissuto... .
Ora eravamo al sesto mese del terzo tentativo e lei, mia moglie era in una stanza d'ospedale, con una femminuccia in grembo ed entrambe lottavano per la vita.
Quel pomeriggio, di rientro dal lavoro, m'accingevo ad uscire per l'ospedale, e mi guardavo attorno chiedendomi: cosa le porto?
Il mio occhio cadde su Carla che esibiva un fiore appena sbocciato. Ecco..., una rosa...; la colsi... .
Profumava di buono, di fresco... . Gliela portai mettendola in un bicchiere, sul comodino. Mi sembrava d'averle portato un pezzo di casa nostra... . Lei l'accolse con un sorriso... forse con lo stesso pensiero.
La rosa durò parecchi giorni, cinque o sei..., perché Carla ha una caratteristica... dura tantissimo, ma nel corso della sua vita recisa... cambia ogni giorno: lentamente dischiude i petali assumendo volume..., come fan tutte direte..., si..., ma lei triplica la sua dimensione e mentre cresce passa tutte le gradazioni del rosso da quello più intenso fino ad arrivare al rosa. Un rosa fresco che dura almeno ancora due giorni... . Poi - senza avviso - perde tutti i petali di colpo..., eppure sembrava fresca... .
Finché non nacque Stefania, cioè ancora per altri trentuno giorni, Carla, la rosa, fiorì sempre e sempre mi diede l'opportunità di portare in ospedale un ...pezzo di casa mia.
Oggi, in giardino, Carla domina l'angolo delle rose: è sempre la più bella ed anche la più... amata. Certo, è invecchiata e non getta più quella quantità di fiori di ventisei anni fa.
Temiamo che un giorno possa lasciarci e per questo son due anni che cerchiamo di farne delle talee..., con scarso successo per la verità.
Sembrerà assurdo, ma sento che - se Carla dovesse appassire - la mia casa non sarebbe più la stessa: è come se qualcosa di noi morisse con lei.

mercoledì 29 agosto 2012

Ma chi sono gli Indiani?


Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono nelle mani delle autorità indiane da oltre sei mesi ed in Patria non se ne parla più: i mass media tacciono ed i pastasciuttari del web provano quasi fastidio all’elevarsi di quelle poche voci che ne reclamano la liberazione.

Trovo quanto meno singolare il comportamento di questo nostro popolo sempre pronto a mobilitarsi per la liberazione dei non pochi turisti a caccia di adrenaliniche avventure negli angoli più pericolosi della Terra e che, invece, si disinteressa dei propri soldati inviati a proteggere gli interessi nazionali insidiati da pirati e grassatori.
Così come ritengo infame un governo che invia i suoi soldati a rischiare la vita lontano da casa, salvo abbandonarli al loro destino quando qualcosa va storto.

Ed allora vien da chiedersi: chi sono gli Indiani? Quelli che trattengono i nostri marò nelle loro prigioni o noi che nulla facciamo perché vengano restituiti alle loro famiglie?

martedì 28 agosto 2012

Ansia e delusione


Mentre gli Italiani aspettano risposte alla crisi, sembra che il Governo trovi la risposta giusta a tanta ansia: multe di 1.000 euro a chi vende sigarette ai minorenni e  tassa sulle bibite zuccherate.
Mi sovviene così l’altro provvedimento, quello sulle liberalizzazioni: guerra al numero chiuso dei tassisti ed aumento di 500 farmacie sul territorio nazionale.
A questo punto mi chiedo se non ci sia un difetto di comunicazione all’interno del nostro Paese o sia io tardo di comprendonio perché, mentre Germania e Francia plaudono alle iniziative governative e perfino le agenzie di rating sembrano farsela sotto dalla soddisfazione, io - che leggo i giornali ed ascolto tutti i telegiornali - non vedo cosa ci sia di risolutivo in simili provvedimenti.
 
Sono mesi che attendo con ansia una risposta concreta alla precarietà del lavoro giovanile; un incentivo alla produzione; un provvedimento di modernizzazione del Paese; lo smantellamento della burocrazia... , ed altro non vedo se non l’aumento dell’imposizione fiscale che deprime i consumi e ci impoverisce oltre ogni dire.
E non c’è da fare affidamento neppure sul prossimo governo, poiché i partiti - indifferenti ai problemi reali  - indugiano nelle risse da trivio in vista delle scadenze di aprile.
 
Sicché, mentre questo governo partorisce con gran rumore i soliti topolini, mi rendo conto d’aver perso anche la speranza che, per definizione, è l’ultima a morire.

mercoledì 22 agosto 2012

'A signora vole 'o scontrino



Anche quest’anno, al mare, siamo stati ancora una volta oggetto di scherno per aver chiesto lo scontrino al bar all’acquisto di una bottiglia d’acqua minerale.

Quest’anno - al mare - solo negli stabilimenti era cambiato qualcosa in fatto di scontrini e fatture; nel resto del paese gli esercenti d’ogni genere, ed in particolare gli affittuari d’appartamenti e di autorimesse hanno continuato a rifiutare le ricevute di pagamento: così o niente! Pensate che per un mese d’un micro posto macchina hanno avuto il becco di chiedermi ben 300 euro, ovviamente in nero.
Questo Comune è NETTUNO, in provincia di Roma, esempio negativo di come l’evasione e la disonestà la faccia da padrona.

Il che ci riporta all’endemico problema del pagamento delle tasse.
Vorrei segnalare, invece, un esempio positivo che anche questo mi tocca personalmente: al mio rientro dalle ferie ho trovato in posta la richiesta da parte del Comune della tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU). Con sorpresa, però, ho scoperto che:
- tassa era inferiore a quella dell’anno precedente;
- era stato deliberato in Consiglio di abbattere del 50% i metri quadrati delle autorimesse di pertinenza dell’alloggio, con un ulteriore alleggerimento dell’imposta;
- mi si rimborsavano, infine,  68 euro circa relativi all’imposta 2011.
E ciò non già perché si fosse sbagliato il funzionario del Comune, bensì perché - a seguito di accertamenti a tappeto voluti dal sindaco fra le polemiche più aspre - si sono scovati i tanti evasori che la TARSU non pagavano o pagavano in modo ridotto al dovuto, con la conseguenza che la tassa a mio carico è diminuita.
Questo Comune di chiama GHEMME, in provincia di Novara: ne faccio il nome perché è un esempio virtuoso.

Ma questa è soprattutto la dimostrazione di come si possa pagare meno quando i sacrifici siano distribuiti su una base di contribuenti più vasta.

Ed allora che ci prendano pure in giro quando chiediamo scontrini e fatture: chi lo fa ha il suo tornaconto perché scarica su di noi quanto lui evade e noi, contribuenti onesti, continueremo a pagare per i suoi lussi.

martedì 10 luglio 2012

Monti ed i sacrifici degli Italiani - Parte terza



Si accusa Monti d’essere succube della Germania e ci si dimentica che ogni potere contrattuale si fonda sulla forza di chi più paga... .

I Tedeschi non sono disposti a pagare il bengodi di Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda ed Italia..., così come non lo sono Olanda, Belgio, Austria e Finlandia, ma questi ultimi contano meno perché poco pagano (in percentuale) alle casse comunitarie.

Infatti, mentre la Germania onorava gli immensi debiti della guerra perduta e gli altri altrettanto onerosi della riunificazione, i Governi di Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, un po’ per ideologia e tanto per ottenere consensi, aumentavano stipendi e servizi senza disporre delle necessarie risorse.
La Spagna socialista, più volte invocata quale modello in Italia dallo schieramento politico a lei allora vicino, si avventurava in riforme populiste ed ometteva di esercitare il controllo sull’economia che, sull'esempio statunitense, speculava su mutui ed immobili.
La Grecia, il cui bilancio è assimilabile a quello della nostra piccola Umbria, incurante del proprio crescente debito, organizzava perfino faraoniche olimpiadi... .
In Italia, invece e solo per ricordarne qualcuna, si mandava la gente in pensione dopo 19 anni di lavoro e la gente poteva recarsi dal farmacista con la borsa della spesa, tanto tutto era gratis... . E ciò mentre la corruzione dilagava a qualsiasi livello e lo sperpero politico divorava l’economia di una nazione considerata la sesta o la settima potenza economica nel mondo.

La Germania è uscita dai suoi debiti con rigore ed enormi sacrifici: ha organizzato con efficienza la macchina dello stato; ha adottato una severa, ma equa, politica fiscale dove tutti pagano le tasse; ha incentivato l’economia in modo che la disoccupazione scendesse a livelli irrisori pur accogliendo milioni di immigrati ed un suo operaio oggi guadagna oltre il 50 per cento in più di un collega italiano.
E noi chiediamo a lei, e agli altri paesi europei virtuosi, di condividere i nostri debiti accumulati per corruzione ed insipienza in nome di un’Europa nella quale vogliamo stare senza, tuttavia, imitarne il modello e pretendendo che lo facciano senza garanzie di sorta in nome della sovranità nazionale.

Monti, unico soggetto presentabile che abbiamo espresso negli ultimi cinquant’anni, sta facendo miracoli più in Europa che non in Patria, ma noi - che furbi siamo -  lo accusiamo di farsi schiavo della Germania perché, prendendola a modello, affannosamente tenta di rimettere ordine nel Bel Paese e si unisce a lei nel chiedere onestà e rigore anche da noi.
Monti, che fino ad oggi non ha chiesto soldi né alla Germania, né al resto d'Europa, essendogli - fin’ora - bastato di spremere gli Italiani, s’è impegnato con successo e competenza in una battaglia continentale, che nessun altro nostro politico avrebbe potuto sostenere, onde riequilibrare quei fattori che pesano artificialmente sul debito italiano. Forte di quel poco che ha ottenuto all’interno - a dispetto delle resistenze d’ogni tipo e del linciaggio mediatico cui viene sottoposto, in particolare sul web - si siede al tavolo delle trattative europee con una credibilità ben diversa che non quella del precedente Presidente del Consiglio, già oggetto di pubbliche occhiate di commiserazione tra Merkel e Sarkosy.

Faccio credito a Monti ed alla Merkel di lungimiranza non comune, laddove il difficile lavoro intrapreso al tavolo dei negoziati deve condurre a trasformare una crisi senza precedenti in un’opportunità per accelerare la creazione degli Stati Uniti d’Europa.

Abbiamo però un ulteriore handicap rispetto alla Germania: Monti ad aprile - salvo sorprese dell'ultimo momento - andrà a casa, ed al tavolo con la Merkel ritroveremo i nostri ominicchi, gli stessi che sono i principali responsabili dei sacrifici che oggi siamo chiamati a sostenere e che, in mano loro, saranno nuovamente vanificati.

lunedì 9 luglio 2012

Monti ed i sacrifici degli Italiani - Parte seconda




Possiamo dire, allora, che Monti abbia fatto tutto bene? No di certo.

Il più grande peccato di Monti è quello che i suoi provvedimenti peccano di equità ed i sacrifici - come sempre - sono stati richiesti ai pochi che pagano le tasse.

Ma non è vero, però, che sia lui a mancare di coraggio: i partiti che l’appoggiano in Parlamento non gli hanno consentito le liberalizzazioni vere, né una più incisiva riforma pensionistica, men che mai una vera riforma del lavoro. Se avesse chiesto di più nessuna delle sue iniziative sarebbe passata, perché il vero cancro s’annida in questo Parlamento bugiardo e corrotto, tutto teso a difendere il potere di chi vi siede ed all’arricchimento personale di chi comanda.
A dimostrazione c’è che nessuna delle iniziative pensate per ridare credibilità nel Paese al Parlamento è passata. Anzi Monti è stato diffidato a prendere altre iniziative in proposito... poiché - a detta unanime dei partiti - non rientrerebbe nei compiti di questo Governo attuare le riforme costituzionali. Così non c’è stato il dimezzamento degli eletti; non la riduzione dei benefici dei parlamentari; non la soppressione delle Province e neppure una nuova legge elettorale, anche questa da tutti a parole invocata.

L’Imu l’ha pagata solo la gente comune, non le banche, non la Chiesa.

Una vera patrimoniale, quella cioè che colpisca i più ricchi e non le prime case, non è neanche stata presa in considerazione, e già anche gli industriali  di Squinzi mettono le mani avanti in proposito. Anzi, il suo rinvio sine die sta dando agio ai ricchi di studiare le necessarie contromisure, nonché di riportare i soldi all’estero.

L’aver compresso i consumi con gli aumenti indiscriminati di Iva e carburanti ha viepiù depresso un’economia stagnante ed affossato i ceti più deboli, né le banche che hanno beneficiato dei prestiti dalla Bce all’uno per cento di interesse, hanno immesso denaro fresco sul mercato produttivo. Anzi l’hanno utilizzato per comprare debito pubblico e guadagnare così sullo spread che continua a salire, come è nel loro stesso interesse.

Adesso si è posto mano, finalmente, ai tagli della spesa pubblica, impresa definita con pessima espressione spending review. Ospedali, tribunali e pubblica amministrazione sono in testa ai sacrifici spalmati su tre anni: Banca d’Italia, Corte dei Conti ed Europa plaudono; i sindacati hanno già proclamato lo sciopero generale.
Ed i partiti? Questi che sono già in campagna elettorale  e - ad eccezione di Casini, che ha scelto Monti qualunque cosa faccia - sono tornati a minacciare: il PD... tuona contro i tagli allo stato sociale ed il PDL chiede la contropartita degli sgravi fiscali... . Tutto giusto e sacrosanto, ma in questo momento incompatibili per cui, dopo i pronunciamenti ufficiali a beneficio dei propri elettori, voteranno compatti anche questa volta.

Monti, quindi, ha fatto tutto male?
Credo che con questo Parlamento, con questi partiti e questi politici Monti non potesse fare di più..., poiché l’asse PD e PDL, Casini e Fini contano poco, l’ha condizionato al punto che neppure una virgola in più potesse essere spostata.

Monti ed i sacrifici degli Italiani - Parte prima



Ormai sul web impazza il linciaggio di Monti e della sua squadra di governo, eppure ricordo che all’indomani della sua nomina sembrava che la maggior parte degli Italiani fossero contenti e c’era addirittura un plebiscito di consensi attorno alla sua dichiarata intenzione di reintrodurre la tassa sulla casa.
Difficile ai facili entusiasmi, né uso ad unirmi al coro dei detrattori in corso d'opera, vorrei riflettere sul bilancio di questi primi mesi di governo.

Monti viene incaricato quando ormai le casse del Paese sono al limite del collasso: stipendi e pensioni potevano essere pagati ancora per due mesi, mentre era in forse la stessa restituzione dei prestiti contratti dallo Stato a fronte delle emissioni in scadenza... .
Urgente quindi fare cassa, e subito... . E l’obiettivo è stato centrato imponendo dolorosi sacrifici a al piccolo e ceto medio, con misure altamente impopolari.

Le tasse dirette. E’ inutile fare gli ipocriti: in questo Paese le tasse le paga solo chi non può scappare e cioè neppure il 40 per cento dell’intera popolazione attiva. I più accaniti fra i detrattori di Monti oggi sono proprio quei pochi ai quali le restrizioni dei pagamenti in contanti hanno sottratto una bella fetta di nero.
Monti non ha risolto il problema dell’evasione fiscale, poiché finché non si verrà a creare un conflitto di interesse tra i prestatori d’opera e chi ne usufruisce, l’evasione in questo paese continuerà a prosperare. Spot televisivi, incursioni ad esercizi pubblici, revisioni delle dichiarazioni sono tutti palliativi sperimentati e che tutti sappiamo non funzionare... , poiché chi si fa costruire casa, chi chiama l’idraulico o l’elettricista, chi va dall’avvocato o dal dottore, per risparmiare quel 21 per cento, continuerà a non chiedere la fattura.

La pensione. Siamo passati dal regime dei baby pensionati ad un’età di quiescenza che ci allinea (ancora in difetto) ai paesi industrializzati dell’occidente, ma apriti cielo: chi aveva aspettative diverse s’è sentito defraudato e giù ad imprecare contro il governo illegittimo del presidente... .
Eppure tutti sappiamo che non c’era alternativa... .
Una vasta parte della popolazione dei pensionati non arriva ai 500 euro al mese...: verissimo, sono le cosiddette pensioni sociali, quelle cioè corrisposte a chi non ha mai pagato i contributi... . Ma non l’ha volute Monti, né il suo governo..., né in una situazione come questa, e con un’evasione fiscale al 60 per cento dei potenziali contribuenti, si può pensare a provvedervi.

Gli esodati. I numeri non se li è inventati la Fornero, poiché sappiamo perfettamente che  sono usciti dall’INPS, quel baraccone centralizzato che non ha la più pallida idea di quanti siano i pensionati cui corrisponde un mensile, magari non sempre per colpa sua, ed al quale saranno riuniti presto, con dolorose resistenze, tutti gli altri enti pensionistici.

Le liberalizzazioni. Guai a toccare monopoli e privilegi:...: avvocati, notai, farmacisti... per arrivare ai tassisti, senza dimenticare gli autotrasportatori... . Tutte caste consolidate ed inattaccabili.

Riforma del lavoro. Tutti sappiamo che un datore di lavoro non ha alcuna possibilità di spuntarla in tribunale neppure contro il più infingardo dei lavoratori e questo grazie a quell’art. 18 che terrorizza imprenditori italiani e stranieri.
Scioperi generali e settoriali, nonché contenziosi d’ogni tipo, ne hanno accompagnato l’iter stravolgendone l’iniziale disegno, e ciò mentre la magistratura ordina alla Fiat di assumere un centinaio di iscritti alla Fiom... . Risultato? Il suo presidente ha già dichiarato che due stabilimenti in Italia sono troppi, sicché a Pomigliano si comincia a temere nuovamente di perdere il posto di lavoro.
Adesso la CGIL trova la sponda in Confindustria, ed il suo neo presiedente va sottobraccio con la Camusso: un duo inedito che sa tanto di malafede, da parte di Squinzi, però, che si crede tanto furbo da ammansire il diavolo.

E già..., perché il nostro è il Paese dei furbi: tutti sappiamo cosa è meglio che gli altri facciano.

Ecco quindi che i partiti si nascondono dietro Monti, delegandogli il lavoro sporco, quello che a loro farebbe perdere voti, salvo poi pretendere di dirgli cosa deve fare, perché - parole di Bersani - "loro in tanti anni un po’ di esperienza se lo sono fatta e certi errori loro, cioè Bersani e C., non li avrebbero mai fatti". Ed omette di dire che è coni voti del suo partito che quei provvedimenti sono passati in Parlamento.

venerdì 2 marzo 2012

Pendolare e co.co.co.

Finalmente al lavoro: un contratto Co.co.co. in un megastudio legale come praticante.
La mattina sveglia alle 06:00 che fuori è ancora buio;  una frettolosa colazione, un’accurata toilette perché, si sa, le ragazze amano curarsi ...e poi, di corsa verso la grande Milano”.

Dal tuo paesello, per andare a Novara, la stazione intremedia, passa un trenino di quelli a gasolio o, almeno, così si legge sulle guide turistiche e sugli orari ferroviari, poiché almeno un giorno o due la settimana, il trenino non c’è! Viene sostituito da un pullman che, però - bontà sua - NON ferma davanti alla dimessa stazioncina, come logica vorrebbe; e va già bene, perché non di rado non c’è neanche quello, il pullman intendo.
Logica imporrebbe che la soppressione della corsa fosse in qualche modo annunciata in stazione con un avviso, ma così non è sicché - fatta la prima dolorosa esperienza, per evitare di rimanere a piedi e disertare il lavoro - tutte le mattine alle 06,35 telefoni al capostazione del limitrofo paese che, solo per sua personale cortesia, ti dirotterà alla fermata dell’autobus, una piazza distante circa un chilometro dalla predetta stazione.
Quando ciò accade, e succede spesso, non capisci mai quale sia il pullman sostitutivo poiché ne arrivano tre insieme e nessuno esibisce la scritta "sostitutivo", sicché se ti capita di salire su quello degli studenti (stessa società e stessa destinazione), dovrai pagare un nuovo biglietto perché quello ferroviario non va bene.

Da Novara il collegamento per Milano c’è ogni ora, ma i treni che giungono da Torino sono così costipati di viaggiatori che quei 50 minuti di viaggio te li fai sistematicamente in piedi... . Allo studio arriverai alle nove, dopo pochi minuti di metropolitana, rigorosamente in piedi anch’essa.
Sono passate tre ore dacché ti sei alzata e la giornata deve ancora cominciare.

Sul far della sera, intorno 18:30 per non perdere il treno delle 19:15 cerchi di venir via..., treno questo che in appena 15 giorni è stato soppresso già due volte. Quando ciò non è avvenuto, era stata soppressa la corsa precedente con inevitabile riversamento di pendolari sulla successiva. Ultimi cinquanta minuti in piedi per il ritorno fino a Novara dove c’è papà o mamma che vengono a prenderti con la macchina - ventisei chilometri per andare e ventisei per tornare - perché il pullman che tutte le sere sostituisce il famoso trenino a gasolio parte sistematicamente tre minuti prima che arrivi il treno da Milano... .
Arrivi a casa che sono le 20:40 per la cena... . Sei in piedi da quasi 15 ore... .

Ma vuoi mettere la soddisfazione di prendere 600 euro lorde al mese nel Paese che è considerato la sesta o settima potenza industriale del mondo?

giovedì 1 marzo 2012

Riforma fiscale


Vorrei aver capito male, ma se così non fosse?
Ieri il telegiornale delle venti ha comunicato con toni entusiasti che il Governo sta mettendo mano alla riforma del sistema fiscale italiano.
Fin qui, tutto bene. Il fatto è che ha aggiunto, parola più parola meno: il Governo pensa di far diminuire le tasse dirette incrementando quelle indirette.
E qui mi ha colto il panico.

Stamane ho fatto un giro su internet e non ho trovato una sola riga sull’argomento.
Quindi: o ho capito male io; o la gente non ha capito ed aspetta di vedere cosa in realtà significhi; o è talmente rassegnata che non ha più la forza di alzare la voce; o - infine - aspetta l’imbeccata dei soliti opinionisti di parte, il che mi preoccupa molto di più perché starebbe a significare che non è più capace di pensare con la propria testa.

Allora, cerchiamo di capire insieme quale sia la differenza fra un sistema di tassazione diretta ed uno indiretto:
- diretta: è la tassa che si paga in base al proprio reddito ed alla capacità contributiva del soggetto;
- indiretta: è la tassa che grava sui beni di qualsiasi natura ed ai quali ha accesso qualsiasi cittadino, a prescindere dalle sostanze che possiede e delle sue capacità contributive.
Ne consegue che, il sistema di tassazione diretto è socialmente più equo, tant'è che la nostra Costituzione impone che ciascuno paghi secondo la propria capacità contributiva.
Il pensare di "potenziare" il sistema della tassazione indiretta, che già coesiste con quello diretto, oltre ad essere costituzionalmente discutibile, tendendo a mettere sullo stesso piano (contributivo) ricchi e poveri, certamente viola il principio della solidarietà sociale ed esaspera le differenze di classe.

A questo punto voglio proprio sperare d’aver capito male, perché non posso immaginare che il Governo Monti voglia favorire i ricchi a discapito - non solo della classe media sulla quale s’è storicamente s’è accanito qualsiasi governo - ma addirittura dei più diseredati di questo paese. All'aumento della tassazione indiretta, infatti, seguirebbe un ulteriore aumento del costo della vita che, nella presente situazione economico - sociale, è addirittura criminale il solo pensarlo, figurarsi l'averlo scientemente provocato.
Non scordiamoci, poi, che stiamo già aspettando il promesso aumento al 22% dell’Iva per il prossimo mese di settembre e fino al 24% per dicembre.

Vogliamo veramente arrivare alla rivolta dei disperati?

sabato 18 febbraio 2012

Riflessioni: l'Onestà


Chi va al mulino s’infarina, recita un adagio popolare.

I proverbi sono l’estrema sintesi dell’esperienza, la saggezza in pillole dell’uomo comune che ad essi fa ricorso d’istinto quando l’articolazione di un sottile concetto diventa difficile.

Quello appena citato, più che un'espressione di saggezza, mi sembra la descrizione di un malcostume, poiché prescinde dalla qualità che ciascuno di noi dovrebbe possedere: l’Onestà.
L’Onestà è la virtù per antonomasia; quella che fa l’uomo forte, mostrandolo al mondo leale e rispettoso delle regole sociali.
L’Onestà si identifica con la nostra stessa anima, e - come l’anima - la si può vendere un po’ alla volta, in tanti piccoli quotidiani baratti: con l’infantile capriccio per la caramella; con il copiare il compito a scuola e la tesi all’università; con la raccomandazione per il posto di lavoro; con l’accettazione della regalia per fare ciò che, di contro, si dovrebbe solo per dovere; con l’evasione delle tasse; con l’acquisto incauto... .
Taluno afferma che l’Onestà non si può insegnare, perché l’uomo - per possederla - deve aver mosso in essa i suoi primi passi all’ombra dell’esempio dei genitori. Deve, quindi, averla coltivata con gelosia nel corso di tutta la vita, senza mai cedere alle lusinghe della furbizia, alle sirene del tornaconto e, perfino, all’urgenza della sua stessa sopravivenza.
Io sono più cauto e dico che l’Onestà la si può, invece, mostrare con l'esempio e ad essa tornare con il ravvedimento. Spesso i cattivi maestri, infatti, le situazioni contingenti, la debolezza insita nella nostra umana natura, l’autodifesa nella competizione scorretta..., possono averci fatto smarrire la retta via. Sicché quando ci si lamenta dei tanti mali di questa nostra Italia, individuandone la causa nella diffusa assenza di Onestà, nell'additare quella degli altri, nessuno pensa mai alla propria.
E’, invece, da noi stessi che dobbiamo cominciare ad adottare comportamenti onesti, poiché il mondo cambia se siamo noi i primi a cambiare.

La via dell’Onestà è stretta e sempre in salita come un sentiero di montagna faticoso ed impervio da praticare, ma val la pena di percorrerla poiché essa ti ricambia con quella dignità e con quel rispetto che altrimenti non avresti né agli occhi tuoi, né a quelli del mondo.

mercoledì 15 febbraio 2012

Monti, il moderno Cincinnato


Lo storico romano Tito Livio ci racconta: “Lucio Quinzio, unica speranza rimasta al popolo romano, coltivava un appezzamento di quattro iugeri al di là del Tevere. E lì fu trovato dagli inviati... intento a un lavoro agricolo... . Ripulitosi dalla polvere e deterso il sudore, si fece avanti con la toga addosso. Gli inviati (del Senato) lo salutarono dittatore, lo invitarono a tornare in città illustrandogli l'allarmante situazione in cui versava l'esercito.  Ad attenderlo era pronta una imbarcazione allestita a spese dello Stato, dopo aver attraversato il fiume, sulla riva opposta gli andarono incontro i tre figli, seguiti da altri parenti e amici e poi dalla maggior parte dei senatori. Accompagnato da quella folla e preceduto dai littori, venne quindi scortato a casa sua.
Siamo nel 458 a. C. circa, e stiamo parlando di Lucius Quinctius Cincinnatus, eletto dittatore a Roma ben due volte, la prima appunto nel 458 e la seconda nel 439 a. C..
La dittatura a Roma veniva invocata in caso di estremo pericolo della Res Publica e poteva durare fino a sei mesi, periodo durante il quale nessun potere poteva opporsi alla volontà del dittatore.
Cincinnato, salvata la Patria, depose la prima dittatura dopo appena sedici giorni di esercizio, e la seconda dopo poco più, ed ogni volta Lucio Quinzio, detto Cincinnato, tornò ai suoi campi.

Quanto simile, m’appare oggi la figura di Monti: con un’Italia sull’orlo del baratro a causa dell’insipienza dei politici, il Presidente della Repubblica convoca il “Professore” e, con (quasi) unanime consenso, gli affida il Governo, a lui, il non eletto, al quale la politica impone però che - spirato il mandato - non abbia a presentarsi alle nuove urne.
Monti, che già in passato ha rifiutato tanto le offerte della sinistra quanto quelle della destra, accetta il mandato, sceglie la sua squadra di non politici e si mette a fare il lavoro (sporco) che i politici non hanno saputo (o voluto) fare.
Certo non è il dictator di Roma, ma a lui riesce ciò che a nessun politico sarebbe riuscito: aumenta le tasse a dismisura e reintroduce quelle cancellate, perfino con effetto retroattivo; riforma il sistema pensionistico sul quale le fazioni politiche si sono massacrate per anni; si muove con disinvoltura in quell’Europa nella quale spesso i nostri rappresentanti sono stati accolti con sufficienza... .
E sono certo che, alla fine riuscirà a riformare il lavoro, l’inefficiente giustizia e, magari, anche le poste, le ferrovie e quant’altro rende tanto difficile l’essere italiano.
Neanche lui ha la bacchetta magica e, pur dovendo fare i conti con le resistenze delle lobby, dei centri di potere più o meno occulti, della disonestà congenita della politica, mette solo in pratica ciò che ciascuno di noi ha sempre pensato e detto degli altri...: il postino del ferroviere, il giudice del politico, ecc..., perché da sempre sappiamo cosa va riformato in questo Paese, purché non si tocchi il nostro... orticello.

Perché a lui riesce?
Intanto i politici, la maggior piaga d’Italia, hanno fatto un armistizio e riposto i coltelli.  Non illudetevi, non nel nostro interesse o in quello superiore dell’Italia, bensì nel loro stesso: mai, forse, essi avevano toccato il fondo (tutti, nessuno escluso), come negli ultimi anni; e poi quale mai formazione avrebbe avuto speranze di tornare al potere dopo l’attuale cura fiscale, o colpevole d’aver raso a zero tutti gli scaloni pensionistici? Quando mai un partito che si autoproclama popolare avrebbe potuto mettere in discussione l’articolo 18?
E Monti si barcamena in Parlamento e in Europa: mai una parola contro Berlusconi e neppure contro la Merkel; talvolta abbozza ed ingoia il rospo, soprattutto quando è costretto a massacrare i ceti deboli per non farsi demolire nelle Camere, dove i ricchi sono meglio rappresentati.

A lui, nonostante i sacrifici richiestimi, guardo con fiduciosa speranza. Intanto, però, gli sono grato d’aver restituito stile e dignità alla politica.

Forse, come premio al suo lavoro, domani avrà la Presidenza della Repubblica; certo è - invece - che, fra meno di un anno, lascerà - come Cincinnato - per far posto alla volgare insipienza dei nostri politici ed il solo pensiero mi spaventa già.

mercoledì 18 gennaio 2012

Andar per mare, il Concordia / Parte terza: personale e... disoccupazione

Ho parlato con un musicista del mio paese che è imbarcato sulla Costa. Adesso sta trascorrendo un breve periodo di ferie ed ha risposto personalmente alle innumerevoli telefonate che giungevano a casa sua da parte dei conoscenti preoccupati che si fosse potuto trovare sul Concordia naufragato.

Intanto dalla sua bocca si chiariscono alcuni particolari che vengono additati come “disservizi” dai mass media, fra cui - il più importante - è quello relativo alle scialuppe ed alla presunta improvvisazione della loro conduzione da parte di cuoci e camerieri.
Andrea mi dice: “periodicamente tutto il personale, imbarcato a qualsiasi titolo sulle navi della Costa, conduce delle esercitazioni per i casi di emergenza..., nessuna meraviglia, quindi, se mentre i marinai sono intenti a distribuire i salvagente e ad avviare i passeggeri ai punti di raccolta, siano altri a muovere le scialuppe... ”. Ciò fa giustizia di molte illazioni... . E’ come se nelle Forze Armate non insegnassimo a sparare a cuochi ed infermieri perché loro non sono combattenti... .
Ma c’è una domanda alla quale non mi sa dare una risposta: com’è possibile che su una nave iscritta nel Registro Navale di Napoli, la città con il più alto tasso di disoccupazione d’Europa, tra il personale in servizio ci siano oltre 600 fra filippini, peruviani e quant’altri?
Vogliamo entrare nel campo delle ipotesi: o i Napoletani - a costo di far la fame - rifiutano i lavori che non ritengono qualificanti, o questi immigrati sono sottopagati dalla compagnia di navigazione... .

Può darsi che ci siano altre motivazioni, ma onestamente - come direbbe la Merkel davanti alle richieste italiane di fare la sua parte - non so a cosa pensare... .

Il caso Concordia: Li alleviamo da conigli e li vorremmo leoni


Ricevo dal Prof. Virgilio Ilari, docente di Storia delle Istituzioni Militari e dei Sistemi di Sicurezza presso l’Università Cattolica di Milano e collaboratore dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, nonché dell’Istituto Affari Internazionali, una riflessione che volentieri pubblico poiché espone autorevolmente un’analisi capace di far riflettere sugli avvenimenti che sono oggi al centro dell’attenzione mondiale:

Sentendo le conversazioni telefoniche fra Capitaneria di Porto e comandante della grande nave da crociera che sta per affondare ti coglie un dubbio: è un dialogo tratto da un film di Sordi, di quelli che rappresentano gli aspetti più opportunistici e vili di tanti Italiani – aspetti che, chissà perché, qualcuno guarda con una certa comprensione e simpatia? Tante, in effetti, sono le bassezze e la ricerca di meschine giustificazioni che – a quel che sembra – vengono mormorate da un comandante sbarcato e fuggito al sicuro prima dei suoi passeggeri.

Ma in fondo, ripensando a quello che ci è stato insegnato e che abbiamo insegnato ai nostri figli, scopriamo che lo stupore non ha poi molta ragion d'essere: non siamo mai riusciti a distinguere fra vigliaccheria e pacifismo, fra disarmo e resa unilaterale, fra millanteria, sbruffonaggine “fascista” e remissività fifona.

Ricordate l'epopea del buon soldato Svejk, di Bertolt Brecht? Ecco, è in opere come questa che si vede come sia facile questa confusione, e come e quanto spesso essa sia stata operata volutamente, soprattutto a sinistra e nel mondo della sinistra cattolica. Si vede come in realtà questo atteggiamento, con tutte le sue declinazioni tragiche, comiche e più spesso tragicomiche, sia stato il risultato di un vero e proprio lavoro di destrutturazione culturale, al quale non abbiamo saputo reagire: o meglio, hanno tentato di reagire solo personaggi legati alla cultura anteguerra ed al militarismo del ventennio – anch'esso da operetta, se si esclude il dramma finale: non la maggioranza degli Italiani, né postfascisti, né comunisti.

Siamo andati avanti per anni e anni, dopo la fine della guerra, a ridicolizzare l'eroismo, a ritenere che normale non sia la difesa delle proprie idee e dei propri valori, anche con le armi se necessario, ma la ricerca di un compromesso, l'acquiescente remissione di fronte a chi alza la voce.

«L'Italia ripudia...», recita il sacro Testo, e chi cerca di sostenere che esiste un giusto limite per ogni estremo viene immediatamente escluso dal consorzio del politically correct.

Ma in fondo, se il massimo valore è portare a casa la ghirba, se l'onore è roba di aristocratici di altri tempi, un po' ridicola e del tutto estranea al proletariato, se il dovere si stabilisce nel mansionario sindacale e si coniuga e contempera con una serie di circostanze attenuanti e di ragioni per cui si è esentati o impossibilitati, allora perché mai il nostro comandante avrebbe dovuto comportarsi diversamente? Primum vivere, perbacco.

Un famoso uomo di teatro lombardo dei tempi passati, Edoardo Ferravilla, aveva già pronto il detto: «Soldato che scappa è buono per un'altra volta».