venerdì 14 dicembre 2012

San Dario



Il calendario ci ricorda che, oggi 19 dicembre, è San Dario e questo mi riporta alla memoria un “dramma” che vivevo da bambino. Parlo di quasi sessant’anni fa, quando in pochi si chiamavano Dario.
Allora i miei compagni di collegio erano soprattutto Salvatore, Filippo, Giuseppe, Antonio, Domenico, Francesco..., che noi  - non ancora inquinati dalle mode anglofone - nel quotidiano chiamavano: Turi, Totò, Pippo, Pino, Peppo, Peppuccio, Nino, Mimmo, Cecco, Ciccio... .
Per me niente di tutto ciò: io ero Dario e tutti mi chiamavano Dario, a parte una zia per la quale ero sempre stato Dariuccio.
Ed i miei compagni avevano anche un vantaggio: per loro - oltre al compleanno - c’era anche l’onomastico, u santu, come si diceva a Palermo, mentre per me c’era solo il compleanno, perché nessuno - neppure le suore del collegio - sapeva che esisteva il mio Santo, e quindi a me spettava solo una festa... .
Voi direte: ... ma c’è anche la festa di tutti i Santi... . 
Vuoi mettere quella con una festa tutta tua?
Me n’ero fatto un cruccio e, se da una parte ero lusingato dall’essere il solo Dario del collegio, dall’altra era una sofferenza essere orfano, oltre che del padre anche ...del santo.

E questa frustrazione me la sono portata dietro ancora per qualche anno, sia pure annacquata dal tempo che passava e quasi non ci pensavo più, quando al ginnasio conobbi una... Daria, una bella ragazzina di famiglia bene ed altolocata che guardava tutti con la puzza sotto al naso.
Io per fare amicizia le dissi: 
- Pure tu, come me, con il problema del Santo? 
E lei, arricciando il naso: 
- Santa Daria è il 25 ottobre..., sei tu che sei sbagliato!
Sbagliato io? Ma vattela a prendere nella giacca..., tu e tutte le Darie come te..., ma forse i termini erano stati più forti, poiché allora - come tutti quelli della mia età - dicevo anche le parolacce.
Il liceo era grande e non la rividi più... , ma la cosa era riaffiorata ed ora tornava a... seccarmi.
Poi un bel giorno Padre Neri, il gesuita che ci faceva religione, simpatico a tutti forse perché lo sentivamo diverso dagli insegnati di religione avuti fin lì, lui che aveva preso gli ordini solo a trent’anni, m’ebbe a dire: 
- Ma lo sai che alla Cappella Palatina c’è raffigurato il tuo santo?
- Come il mio santo? io non ho santi.
- Ma che sciocchezza! Certo che ce l’hai: è San Dario di Nicea, martire e la sua festa cade il 19 dicembre.
Oh, finalmente, avevo colmato la lacuna che tanto m'aveva angustiato l'adolescenza!
Quanti falsi problemi angustiano i ragazzi che non conoscono ancora la verità scolpita nei versi del sommo Leopardi: “...godi, fanciullo mio, stato soave, stagion lieta è codesta...”.

Padre Neri, il gesuita, lo stesso che mi avrebbe riconosciuto a prima vista vent’anni dopo quando, ormai uomo e padre di famiglia, ero andato a trovarlo nella sacrestia di Casa Professa, fece di più: alcuni anni dopo, ero già militare, m’inviò una cartolina della Cappella Palatina di Palermo dove, fra gli sfavillanti mosaici d’un arco spiccava un tondo dentro al quale c’era un volto barbuto e la scritta intorno “Aγιος Dareios”.
Ho tenuto quella cartolina per tantissimi anni, un po’ per l’amore che nutrivo verso quel sacerdote, un po’ perché sentivo - più o meno consciamente - che quel tondo faceva giustizia di una mia lontana ...frustrazione.

mercoledì 12 dicembre 2012

Santa Lucia a Palermo


Mi vedo ancora bambino a Mondello, oggi “spiaggia bene”, ma una volta solo un borgo di pescatori alle porte di Palermo, percorrere le strade che portavano dal collegio - dove vivevo - alla scuola elementare che sorgeva poco più in là dell’angolo della piazza principale. Un viaggio breve ed allegro, quotidianamente ripetuto con la gioia propria d’un bambino, quando tutto è una scoperta, una sorpresa.

E la sorpresa quel giorno doveva arrivare dalla maestra, della quale solo pochi giorni prima avevamo festeggiato l’onomastico con i biscotti da lei portati in classe, che - nel bel mezzo della mattinata - ci fa una domanda: “bambini, sapete che oggi tornando a casa non troverete a casa né pasta, né pane?”
Pendevamo dalle sue labbra con lo sguardo incredulo..., ma perché - ci domandavamo - eravamo stati così cattivi da dover rimanere in castigo senza mangiare?

La maestra, invece, sorrideva...: Tranquilli, bambini, ora vi racconto... .
Tanto, tantissimo tempo fa, quando ancora non erano neppure nati i nonni dei vostri nonni, in Sicilia era scoppiata una terribile carestia, si... proprio quella che succede quando non cresce il grano... .
I palermitani avevano fame, perché non c’era niente da mangiare, e le mamme non avevano niente da cucinare per i loro bambini... .
Allora il Re, impietosito da tanta disgrazia, benché s’andasse incontro alla brutta stagione, fece partire tutte le sue navi che, uscite dal porto, si diressero nelle quattro direzioni del mondo in cerca di grano per i poveri sudditi affamati.
Passa un mese, ...passano tre mesi e le navi non tornavano: la gente era sempre più affamata ed il Re più preoccupato poiché l’inverno era molto avanzato e la gente aveva perso le forze dalla fame... .

Quando ormai s’era perduta ogni speranza - era il 13 di dicembre - dalla torre del porto si levò un grido: una vela all’orizzonteeeeeeeee..., due..., anzi tre..., ci sono cinque navi che si avvicinanooooo..., sono le nostre e quasi affondano cariche come sono... .
La notizia si sparse in un battibaleno... e tutti corsero al porto..., non già per lo spettacolo - come succedeva ogni qualvolta che approdava una flotta - bensì per la speranza che fosse finalmente arrivato qualcosa da mangiare.
La gente impaziente vociava e spintonava, e qualcuno più temerario s’era perfino buttato in acqua per andare incontro ai velieri... .
Il Re in persona, scorato dalla sua guardia personale salì sulla prima nave, l’ammiraglia, e la trovò ingombra fin sui ponti di preziosi sacchi di grano e, poiché da terra il popolo aveva cominciato a vociare ed a reclamarne la distribuzione, ordinò che fosse subito distribuito alla gente.
Così i marinai cominciarono a gettare giù dalle murate i pesanti sacchi e la gente li raccoglieva e correva verso le proprie case. Ma siccome la fame era tanta, nessuno si diede pensiero di macinare il grano ed aspettare che si cuocesse il pane, sicché lo mangiarono così, appena bollito nell’acqua.

L’indomani, il Re ed il popolo tutto, per ringraziare il cielo che di tanta abbondanza li aveva beneficati, andarono in Cattedrale e fecero voto che “il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, non avrebbero mai più mangiato grano lavorato, né loro, nè i figli dei loro figli...” e così fu.

Ecco perché, oggi tornando a casa, non troverete né pane, né pasta: ...vi dovrete accontentare, si fa per dire, delle panelle, degli arancini di carne  e al burro, tutte cose fatte con farina di ceci o con il riso. Ma ci sarà anche la cuccìa che è fatta col grano bollito, in ricordo di quel grano mangiato per fame così com’era dai nostri antenati, solo che adesso... le mamme lo condiscono con cioccolato, canditi e la ricotta dolce... .

giovedì 6 dicembre 2012

Com'è difficile essere Italiani



Ogni giorno mi vado più convincendo che essere Italiani sia veramente difficile... .
Io che aspiro alla città del Sole! Io che ho vissuto tutta la mia vita in quell’utopia, dubito d’aver sprecato i miei giorni rincorrendo un ideale che, in questa nostra Patria, sembra non aver diritto di cittadinanza.
Non che sia un inguaribile ingenuo incapace di accettare l’esistenza del male, ma mi sono illuso che questo fosse l’eccezione: una malattia in un corpo sano suscettibile di guarigione.

Guardare un notiziario o leggere un giornale m’è diventato fonte di profonda depressione ed avvilimento, poiché l’ultimo pensiero di chi ha responsabilità parlamentari sembra quello del bene comune.
Oggi, nel giro di un’ora, l'irresponsabile comportamento dei nostri parlamentari - tesi alla difesa delle loro particolari posizioni - ha trascinato in basso le borse e dilatato lo spread aggravando viepiù la nostra situazione, con buona pace dei milioni di disoccupati e degli Italiani tutti.

Perfino lo scorrere taluni commenti sulla rete, m’induce allo sconforto quando vedo a palleggiare le responsabilità di cotanto sfacelo ad una o all’altra parte politica, come se corruzione, pressappochismo, carenza di valori, menefreghismo istituzionalizzato, sete d’illegittimo arricchimento fossero patrimonio d’una sola parte. Spia questa di un’assoluta incapacità di analisi obiettiva,  disabitudine alla libera critica e riprova di quanto i cervelli siano atrofizzati dalle segreterie dei partiti.
Io che ho sempre fatto testimonianza di ottimismo, lo stesso che mi induceva a sperare che il corpo fosse sostanzialmente sano e quindi suscettibile di guarigione, comincio a dubitarne ... .

mercoledì 5 dicembre 2012

L'Italia e l'Europa


Qualche giorno fa, facendo un biglietto ferroviario Novara - Milano, il gentile bigliettaio mi ha detto che se avessi già compiuto 60 anni, potevo usufruire dello sconto del 10%.

Io, ahimé, i sessanta li ho già superati da qualche anno ma è la prima volta che in Italia ne traggo un vantaggio. Dico, in Italia, perché in Inghilterra dovunque i sessantenni avevano sconti: sull’autobus, sui treni, a teatro... .

Oggi ho fatto un biglietto ferroviario per Roma e, forte dell'esperienza novarese di pochi giorni prima, ho dichiarato la mia età. Così ho saputo che per le FS, se vuoi lo sconto, devi acquistare una tessera (argento) che costa 30 euro; a Novara mi avevano praticato il 10% per Milano perché è la Regione Lombardia riconosce tale agevolazione per gli ultra sessantenni.

Grande Lombardia!
Ho sempre sostenuto che Milano è l’unica città europea che abbiamo in Italia. Oggi ho scoperto che anche la Lombardia sta in Europa.


martedì 4 dicembre 2012

Bandiere


Quando si viaggia all’estero, è un tripudio di bandiere in ogni dove: Parigi, Londra, Berlino... . Ovunque, dai palazzi del Governo alle case private, i colori nazionali rallegrano i quattro angoli delle città.  
Bandiere belle, pulite, stirate, nuove..., che garriscono al vento fiere ed orgogliose.
Altra storia è in Italia: qui da noi è raro vederne una e per lo più sono lacere e sgualcite.
Spesso sui palazzi pubblici, e talvolta perfino davanti alle caserme, penzolano come panni sbiaditi al sole, concreto simbolo di una tristezza infinita, di un orgoglio perduto, se mai avuto.
Non parliamo delle case private che si pavesano solo per la partita di calcio vinta o per la Ferrari... .
Dov’è finito il nostro orgoglio di Italiani? Dove la nostra dignità pubblica e privata?
Dove l’ardore dei Padri della Patria che per quest’Italia combatterono e morirono sui campi di Montebello, di Magenta, di San Martino?
Dove abbiamo relegato Dante e Leopardi? Dove Vivaldi e Verdi?
Dove Michelangelo, Leonardo e la schiera infinita di artisti ed architetti che a quest’Italia hanno dato il monopolio dell’arte?
Chi si ricorda ancora di Meucci, Marconi e Fermi?
Dove abbiamo nascosto vergognosi la nostra identità che ci fa unici al mondo?
Oggi l’Italiano appare come un popolo senza memoria, ignaro o indifferente a ciò che gli appartiene; triste come le poche bandiere che esibisce sporche, lacere e trasandate; ripiegato su se stesso e sulle presenti disgrazie, quasi fosse il solo a patirle.
Da questa Patria pretendiamo tante cose, ma ad Essa nulla siamo disposti a dare, neppure una bandiera dignitosa... .

lunedì 3 dicembre 2012

Ci sarà mai speranza per questa sinistra italiana?


La scommessa di Renzi, non era solo il sogno di un ragazzetto, ma era anche il mio che ragazzetto non sono più... .
Sono dispiaciuto che abbia perso: se avesse vinto mi avrebbe ridato un filo di speranza per questo nostro Paese contro la vecchia politica dell’apparato e delle segreterie di partito.
Il ragazzetto Renzo era la speranza in una vera social-democrazia, sconosciuta dalla vetero-sinistra e dai suoi fan che non riescono a scrollarsi di dosso il veleno dei  dissacrati testi di uno pseudo socialismo, ottuso, classista, sconfessato dalla storia.
Ma quel che “ancor m’offende è il modo” con cui ha perso:  chi aveva sperato in una vera svolta non riesce a scrollarsi di dosso l’opprimente sensazione che con Bersani abbiano vinto i vecchi forcaioli i quali, nel terrore del nuovo che avanzava, oltre al discredito personale di stalinista memoria, non hanno esitato a ricorrere ai mezzi anti-democratici delle schedatura,  in una sorta di corsa ad ostacoli che l’apparato alzava ad insindacabile giudizio dell’altro concorrente, che era poi il capo di quello stesso apparato.
Hanno provato a giustificarsi dicendo che perfino nelle primarie americane esiste una preregistrazione, dimenticando che viviamo in un’ Europa in cui tutti i cittadini hanno la scheda elettorale in tasca, sicché la registrazione diventava solo uno specioso strumento di preselezione per impedire quel suffragio  universale con il quale il vecchio conservatore temeva di confrontarsi.
Io che non ho mai avuto simpatie per gli estremismi e che, pertanto, ho sempre pensato al comunismo come ad un’esecrabile forma di oppressione, ma che sempre ho creduto nella giustizia e nella concordia dei cittadini a fronte della contrapposizione di classe, ascoltando Renzi  avevo sperato in un'occasione di rinnovamento.  
Così non è stato ed ormai dispero perfino che mai avrò la possibilità di vedere questa sinistra praticare la via della vera democrazia, svincolata una volta per tutte dalle vetero - ideologie e capace di cimentarsi con le grandi sfide delle società moderne, viepiù pressanti data l’attuale situazione d’emergenza socio- economica in cui versiamo.
Sento l’ultimo discorso di Renzi come una sorta di testamento.
Lui - però - ha meno di quarant’anni ed ha la visione del tempo come un suo alleato.
A me, che ancora ho poco da campare, toglie perfino la speranza.