giovedì 29 dicembre 2011

Regali di Natale


Una volta avevo un amico. Un amico con il quale stavo bene e con il quale passavo le mie ore più serene... .  Ci univa, fra l’altro, la comune passione per i libri. Lui ben più agiato di me, aveva una biblioteca straordinaria, con libri anche antichi che amavo accarezzare, sfogliare, scartabellare, leggere.
Passavamo delle ore insieme, talvolta senza scambiarci una parola, immersi in un libro, per lo più classici. A volte - invece - uno leggeva all’altro un passo che aveva trovato particolarmente interessante e ne nasceva un commento, uno scambio d’opinioni... .

Per venticinque anni ci siamo regalati un libro; anche quello era un rito: s’andava insieme in un famosa libreria di Biella dove il titolare era avvezzo vederci arrivare e ci lasciava in pace a scorrere i volumi esposti. Ognuno per suo conto cercava, leggiucchiava, spulciava pensando: questo sicuramente gli piacerà... .
All’antivigilia di Natale, poi, sul tardo pomeriggio, mi recavo a casa sua con mia moglie, e nel salotto tinello - dove da sempre c’era l’albero tradizionale apprestato a festa - tra un bicchiere beneaugurante ed un’allegra facezia, ognuno scartava il suo regalo, il libro, lo accarezzava con gli occhi, lo sfogliava, ne leggeva istintivamente qualche riga qua e là... . Ci si spiegava a vicenda il perché di quella scelta... .

L’anno scorso una telefonata: Dario? Si? Ciao, scusami, il 23 siamo fuori..., impegni..., ti dispiace se in mattinata passo date? Sai, il libro... . Va bene, ti aspetto... .
Per la verità mi dispiaceva, ma non lo dissi... . E la mattina arrivò puntuale...: scusami sai, c’è Paola in macchina...., dobbiamo fare un sacco di giri... .
Il libro fu scambiato, con un certo imbarazzo, sulla soglia di casa... .

Quest’anno, alla serata di gala che il Club organizza per lo scambio degli auguri: Dario, domattina verso le 10 passo da te... .
Questa volta sua moglie non aspettò in macchina: scusa, siamo sulle curve ed ancora tanti giri da fare... . Quest’anno abbiamo deciso che i regali li apriremo a Natale.... .Smack, smack... auguri, auguri... .
Tristemente li vidi andar via a tutta birra verso chissà chi... c’erano altri regali da consegnare... .

A me quel libro non interessa più... ed infatti è ancora lì. Non saprò mai di cosa tratta... .

domenica 11 dicembre 2011

Questo Parlamento è un pericolo per la democrazia italiana


La pazienza degli Italiani è messa a dura prova ed anche i loro nervi.

La goccia che fa traboccare il vaso è la notizia della difesa ad oltranza dei propri privilegi operata dai parlamentari anche di fronte a quella che il Governo ha definito come una catastrofe nazionale. Da una parte, infatti, assistiamo alla finta rassegnazione ad approvare una manovra lacrime e sangue tutta a carico dei ceti più deboli della Nazione, e dall’altra prendiamo nota  del ricompattarsi del fronte del no contro lo stesso decreto che vorrebbe equiparare quei lauti stipendi alla media europea.

Nessuna vergogna, nessun pudore. Parlamentari come Fini, Mussolini e, perfino Dini - uno degli uomini più ricchi d’Italia - s’ergono a difensori dell’autonomia e della separazione dei poteri tra Governo e Parlamento, imputando al primo la colpa di voler prevaricare le competenze dell’altro per il solo fatto d'aver previsto una riduzione dei loro stipendi a favore della manovra "Salva Italia".

Il Parlamento è sovrano, aveva scritto un indignato Bertinotti a Prodi, quando quest’ultimo aveva tentato di mettere un freno alle spese delle Camere. Oggi questa stessa tesi è difesa dagli odierni indegni rappresentati del popolo allorché si profila la richiesta di contribuire ai sacrifici. Uno spettacolo indecente e spregevole che allontana viepiù la gente dalle nostre istituzioni democratiche.

I discorsi, infatti, che si sentono al bar, nelle piazze, davanti alle chiese, ovunque due o più italiani si ritrovino, sono tutti contro questa inetta ed ingorda classe politica non paga d’aver portato il Paese sull’orlo del precipizio.  
Discorsi d’un livore senza precedenti che, se pur comprensibili, devono preoccupare.

Gli Italiani sembrano, infatti, aver ritrovato l’unità di fronte all’odio per la classe politica.

Lo stesso Governo tecnico, chiamato a fare il lavoro sporco del quale i politici vogliono presentarsi mondi alle prossime scadenze elettorali, viene visto come la riprova dell’inutilità di questo Parlamento incapace di gestire le emergenze. Ed allora che se ne vada.

Il nostro è un Paese nel quale la democrazia non ha mai affondato solide radici e nel quale spesso sono invocati gli “uomini della provvidenza”: oggi, quello voluto dal Presidente ed appoggiato dalla più parte dei partiti si chiama “Cincinnato” Monti.
E domani?

lunedì 5 dicembre 2011

Io taglio le cipolle ed a lui bruciano gli occhi

Domani, in televisione a “Porta a porta”, per bocca dello stesso Monti, sapremo qualcosa di più della manovra “Salva Italia” approvata dal governo. Ci aveva promesso Equità, rigore e trasparenza.
A pelle, quella che mi manca è l’Equità”.
L’aumento dell’IVA, tassa che tutti pagheranno, poveri e nababbi, inciderà fortemente sulla qualità della vita di quanti faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, nonché sul ceto medio che è poi quello che da sempre paga le tasse in questo nostro Paese. Stride, inoltre e fortemente, sulla mancata tassazione dei grandi patrimoni e dei guadagni sopra la media nazionale.
Non che con le misure odierne il governo consideri concluso il suo compito, che anzi temo ne vedremo delle belle, ma se il buongiorno si vede dal mattino... .
Sicché la musica non cambierà: i privilegiati rimarranno tali, gli evasori continueranno a fare la bella vita ed i disgraziati pagheranno il conto di tutti, non solo degli Italiani, ma stavolta anche quello degli Europei.
Siamo passati, quindi e con disinvoltura, dal “cuore che grondava sangue” del precedente governo, alle “lacrime in diretta” di quello attuale... .
I Siciliani hanno un proverbio: “Io taglio le cipolle ed a lui lacrimano gli occhi”.

lunedì 5 settembre 2011

La telefonata


Erano almeno due mesi che aspettava la telefonata che è arrivata oggi, alle 13:00.
- Dottoressa, la disturbo? - ...è sempre dell’idea di collaborare con il nostro studio?
Lei, la dottoressa, a momenti sviene per l’emozione:
- Certo, avvocato, ne sarei felice proprio felice... .
- Bene. Allora per noi è cosa fatta. Avrà un regolare contratto per questi due anni di collaborazione. Ci saranno delle formalità e dei documenti da firmare... . Quando pensa di poter iniziare?
- Quando ritiene lei, avvocato... .
- Le consiglierei di prendersi qualche giorno per sistemare le sue cose, perché... una volta entrata nell’agone avrà più ben poco tempo per sé... . Mi dica lei...
La giovane, che non vuol dare subito una cattiva impressione, guarda spaurita suo padre che, seduto al suo fianco sul lettino della sua cameretta da ragazza, origlia senza tanta discrezione. Lui le sussurra piano: lunedì prossimo...
- Le va bene lunedì, avvocato?
-  Perfetto, dottoressa. L’aspettiamo allora lunedì 12, alle 09:00. Le auguro buon appetito.

La comunicazione si chiude. Lei, è rossa in volto come un peperone, non ci crede ancora... .
Sprizza felicità da tutti i pori e vorrebbe farlo sapere al mondo intero; è già lì che spedisce messaggini alle amiche e non sente neppure sua madre che, dal piano di sotto, chiama: ... è pronto... .
Si va a tavola e, benché pochi minuti prima le sembrava d’avere un appetito degno dei suoi vent’anni, adesso ha lo stomaco chiuso.
Parla incessantemente senza neppur prender fiato, tanto è eccitata: l’ha sempre fatto e non per niente ha scelto la carriera forense... . Quando l’ho spedita a Cambridge a rinforzare il suo inglese scolastico, alla madre che dubitava che due mesi fossero sufficienti per scioglierle la lingua, avevo detto: ...conoscendola, piuttosto che star zitta, imparerà l’inglese in una settimana... . Ero stato facile profeta... .

Adesso c’è quella bistecca alla milanese che langue senza speranza sul suo piatto, benché sappia con certezza d’essere sempre stata la sua preferita, come di tutti i bimbi, peraltro. Adesso che lei bimba non è più, continua ad adorarla quella bistecca, ma oggi proprio non riesce neppure a guardarla.

Credo che sia improvvisamente resa conto che la sua vita è cambiata.

Forse per la prima volta è consapevole d’essere veramente entrata a pieno titolo fra gli adulti: finita con il mondo della scuola, finita la spensieratezza della goliardia, il pianoforte, il canto ai matrimoni...

Fra otto giorni comincerà a lavorare sul serio e dovrà confrontarsi con il mondo dei grandi senza neppure il paracadute di mamma e papà.
Certo dovrà ancora contare su di loro: c’è una casa da prendere, ci saranno le bollette da pagare e... lo stipendio da praticante di studio è quasi simbolico: meglio non farci affidamento.

Però sa anche che è il primo vero passo verso quell’ignoto che potrà inghiottirla se non avrà testa per ragionare  e gambe per camminare.

sabato 3 settembre 2011

Il mondo è della brava gente


In un mondo che ti vuole convincere che non esistono più i buoni sentimenti e le brave persone, io mi vado sempre di più convincendo che - al contrario - i buoni sentimenti e le persone di cuore, non solo esistono, ma sono forse anche la maggioranza.

L’equivoco nasce, in buona parte, dal cattivo giornalismo che dà spazio solo le notizie poco edificanti, dall’onnipresente politica che tale non è più, avendo ridotto al lumicino la sua dignità, dall’abitudine che ciascuno di noi ha preso di ricordare solo i torti ricevuti.
Eppure trovo che il mondo sia pieno di belle persone ed ultimamente ne ho incontrate, anche, tante sia nel mondo reale che in quello virtuale.

E’ a queste che voglio dedicare la mia riflessione di oggi.

Questa estate ho incontrato Luigi. Per la verità lo conoscevo già da anni, poiché andiamo sulla stessa spiaggia, ma non l’avevo mai frequentato e neppure la sua famiglia: una moglie dolcissima e due splendidi ragazzi, un maschio ed una femmina. Ebbene la sua semplicità, le piccole premure delle quali ha circondato me e la mia famiglia, il modo spontaneo di porsi, m’ha incantato e gratificato.

Poi c’è anche Franco, mio occasionale vicino di pianerottolo della casa del mare: lui spazzino e contadino in pensione, la moglie convalescente d’un brutto male. Scopro che passano lì, sei mesi l’anno. La casa gliel’ha data gratuitamente la dottoressa che aveva in cura la moglie perché potesse riprendersi con l’aria di mare. Ma quale medico ti dà, come cura, il suo appartamento al mare? Ecco, quindi, un altro esempio.
Franco e sua moglie li ho conosciuti in quanto avevano preso in simpatia mia figlia: sapevano che era sola ed avevano cominciato a circondarla di piccole attenzioni che poi si sono estese anche a noi genitori.
Grazie alle loro premure, quest’anno ho mangiato i pomodori più buoni della mia vita, ma ci hanno gratificato anche con l’olio quello vero, il peperoncino, qualche piatto pronto... .
Cosa dire? Sopraffatti da tante gentilezze abbiamo cercato di ricambiare nello stesso modo, ma soprattutto con quella sincera affettuosità che s’erano guadagnati.

Durante un bagno a mare, mia figlia ed io abbiamo attaccato discorso con una dolcissima nonna che accudiva due angioletti biondi: da allora ci siamo visti tutti i giorni, sia pure per pochi minuti; lei sempre cordiale e dolce, mai una parola fuori posto, mai una critica verso chicchessia... . E’ venuta perfino a sentire mia figlia che cantava ad un matrimonio. Ci siamo lasciati quasi con sofferenza: ci vedremo un altr’anno! Certo, ha risposto, se Dio lo vorrà... .
C’è Stefano, conosciuto qualche tempo prima su internet, che è diventato per una delle persone più care insieme con sua moglie e le sue figlie che mi chiamano zio... .
E c’è Luciana, dolcissima signora che non ti fa mai mancare una carezza, sia pure virtuale... . La sua sensibilità d’animo è incredibile: lei si commuove per un fiore, per le fusa d’un gattino; si fa carico delle sofferenze altrui, neanche fossero le sue. Sono fortunato ad averla per amica... .

Ci sono, infine, i benefattori del Tempio Sacrario che m’è stato affidato: questi, e sono tantissimi, m’hanno consentito di restaurare, manutenzionare, realizzare e sistemare, in meno di due anni, un’infinità di cose.
Fra tutti Lorenzo, ieri mio cavalleggero, oggi professionista affermato in campo internazionale, che mi tiene i conti ed i bilanci; s’è accollato il grosso delle spese di costruzione del sito del Tempio; ha offerto, infine, un artistico e costosissimo stemma reggimentale.
C’è Silvio che ne ha condiviso quest’esperienza, offrendo un altro degli stemmi murati recentemente.
C’è la stessa Luciana, della quale ho parlato, che in memoria dello zio cavalleggero che l’ha cresciuta, dona una considerevole cifra tutti i mesi.

Ed insieme a tutti gli altri... Ivo, Linda, Gabriella, un altro Silvio..., che sarebbe troppo lungo elencare tutti, ma che meriterebbero d’essere ricordati, c’è - infine - Andrea, un restauratore di Voghera, che in due anni s’è preso cura, gratuitamente, delle opere d’arte, restaurando un’infinità di cose fra quali la Madonna con Bambino, il Crocifisso ed ancora tutti i preziosi arredi sui quali era urgente intervenire.
Ebbene, non ditemi che sono solo fortunato, forse anche questo: ma se io incontro così tanta brava gente, vuol dire che di questa il mondo è pieno e sarebbe giusto cominciare a prenderne atto.

venerdì 2 settembre 2011

Cittadini si nasce, precari si diventa...


Quest’anno  mia figlia ha rivisto un’amichetta, o meglio quella che era un’amichetta dei tempi di  quando -ancora malferme sulle gambine - giocavano a far polpette di sabbia sulla spiaggia. Oggi, quella bimbetta è 26enne. Scopro che s’è laureata lavorando di giorno come cameriera e studiando la notte.
Una ragazza ammirevole per volontà e determinazione, evidentemente.

Alla mia domanda se avesse già trovato un’occupazione, mi risponde che ha lavorato nove mesi per una multinazionale americana con un “contratto a termine”,  ma che è certa che a settembre la riprendano, poiché s’è proprio portata bene; ha avuto perfino degli elogi scritti per il suo impegno.
Lei ce l’aveva messa proprio tutta per farsi apprezzare, senza mai guardare l’orologio: “si figuri - ha aggiunto - che una volta ho preferito dormire in macchina, nel parcheggio, perché avevamo finito intorno alle 23 e c’era un’ora di macchina per rientrare a casa; la mattina, per essere puntuale, sarei dovuta partire alle sei..., ma sa il traffico, un imprevisto... .”

Veramente una ragazza ammirevole, direi d’oro... . Ma che lo l’avessi pensato io a poco è servito: Chiara non è stata chiamata... .

Ora, che anch’io ho una figlia neolaureata, mi chiedo: ma cos’è questa storia dei contratti a termine? E quanta buona fede c’è in chi se ne avvale?
Il lavoratore che viene a trovarsi in questa situazione è un precario a tutti gli effetti, né si può dire che il datore di lavoro sia sempre in buona fede quando sceglie d’assumere un giovane: se lo fosse, allo spirare del contratto direbbe subito: “dottoressa, non più bisogno di lei...”. Se non altro, quella dottoressa si metterebbe subito cercare un altro posto.
Ed invece, no: “siamo molto soddisfatti di lei, ...le faremo sapere dopo la chiusura feriale...”. E la dottoressa aspetta: sa di aver fatto bene; è certa che la chiameranno... .

Ma Chiara non è stata ripresa ed è lì che... aspetta, perché non ci crede ancora che sia finita... .

Vado a guardare su Wikipedia: “Il precariato è costituito da una serie di contratti a termine che non cumulano nel tempo vantaggi economici o professionali perché non consentono al lavoratore di progredire nel proprio cammino professionale. La loro funzione dunque non contribuisce alla facilità d'impiego ed alla professionalizzazione, bensì sgretola in una sequela di impieghi poco remunerati e poco professionalizzanti... ”.

A questo punto sono io a non crederci.
Perché capisco che si lasci a casa chi non vale, ma non un giovane che sia fatto valere.
Oltretutto mi sembra anche antieconomico, poiché non posso pensare che un  vero imprenditore, per risparmiare alcune centinaia di euro, possa rinunciare a chi ha addestrato per un anno, quando questi gli abbia dato affidamento... .
Me lo spiega ancora Wikipedia: “(il precariato) consente al datore di lavoro, il quale rinnova per diversi anni la stessa collaborazione, di aggirare il problema del licenziamento e di mettere in atto un evidente risparmio contributivo e salariale.
E’ così chiarito l’arcano del perché un datore di lavoro furbo, non serio, preferirà un lavoratore interinale ad uno stabilizzato. 

Però se tali forme contrattuali sono previste da una legge dello Stato, com’è possibile che il datore di lavoro se ne possa servire per aggirarne un’altra?
Lo Stato non può intervenire, né moralmente, né fattivamente, poiché è proprio lui ad avvalersene per primo: vedi i 200.000 precari della Scuola di cui tanto s’è parlato negli ultimi mesi, o i famigerati "co.co.co"., sigla quest’ultima che pare dirtela lunga in proposito... .
Inoltre, l’INPS pone a carico dei lavoratori precari una contribuzione pari al 23,5 %, maggiore che non quella del 20% dei commercianti. Soldi questi che, peraltro, non verranno mai investiti nella pensione dei precari.

 Al che mi dico: “povera figlia mia, cosa t’aspetta...”.

giovedì 1 settembre 2011

C'era solo lui...


Ho sentito il custode del Tempio: ieri, domenica 17 luglio, un solo visitatore.

E’ un bel signore di una certa età, magro, sempre elegante, severo. Entra con discrezione, si porta vicino all’altare e rimane lì, fra la Madonna ed il Crocifisso, a capo chino. Si segna e si raccoglie per una decina di minuti. In questi due anni non è mai mancato.


Quando lo vediamo arrivare, anche se stiamo facendo qualcosa di necessario, ci allontaniamo con rispetto e lo lasciamo nella sua pace.

Lui prega come fosse solo al mondo e forse lo è.

Ieri, domenica 17 luglio, è stato l’unico visitatore: forse i Vogheresi sono già in vacanza, forse i Cavalieri sono lontani alle prese con la giornata festiva.

Ma fosse anche solo per la preghiera di quest’uomo, del quale non conosco neppure il nome, vale la pena il sacrificio di tenere aperto il Tempio.

Le monetine

Con il fedele custode arrivo al Tempio per dei lavori di rifinitura. Lui, il custode, rimossi catenacci e chiavistelli, tirata da parte la pesante tenda invernale, comincia a scrutare i due gradini che scendono nella navata. Al mio sguardo interrogativo, risponde: è per le monetine... .
Cosi scopro una singolare storiella.

Tutte le volte che apre il Tempio il custode trova all’interno, sui gradini che portano alla navata, alcune monetine: pochi centesimi, mai più di sette o otto, che qualcuno - ormai da anni - lascia scivolare nella stretta fessura tra il muro ed il battente destro del portoncino.
Il custode pazientemente le cerca tutte le volte e le ripone nell’apposita cassetta delle elemosine, invariabilmente un po’ avara per la verità, ma comunque utile.

Sulla figura dell’ignoto donatore abbiamo fantasticato: Enzo, il custode, pensa possa essere un vecchietto; al Priore arrideva l’idea che potesse trattarsi di un bambino; poi ha prevalso l’ipotesi del pensionato, magari un ex combattente già avanti nell’età che, così, vuol sentirsi vicino ai tanti compagni d’armi che mai son tornati.

Quello del custode e la sua ricerca delle monetine è diventato quasi un rito: ci sono sempre state da due anni a questa parte. Solo una volta è successo che non le abbia trovate e per giorni siamo rimasti in angoscia al pensiero che quel nostro benefattore potesse aver raggiunto i vecchi compagni nel cielo degli eroi. Ma la domenica dopo le monetine sono ricomparse e ci siamo tranquillizzati.

Non abbiamo mai scoperto chi sia l’anonimo elargitore che tutte le settimane compie tale gesto, piccolo, insignificante per valore materiale, ma caro e grande per il sentimento che l’ispira e che sembra voglia dire: io ci sono... .

mercoledì 31 agosto 2011

Il mondo visto dall'alto è senz'altro più bello

Gli astronauti dalla loro capsula vedono uno straordinario pianeta azzurro e non s’accorgono dei conflitti che l’insanguinano. Anch’io, nel mio piccolo e molto più modestamente dal mio balcone del terzo piano, godo d’uno spettacolo che ha pochi uguali: un mare striato dal blu intenso all’azzurro chiaro, un romantico golfetto da cartolina illustrata, al cui centro s’eleva la foresta d’alberi dei panfili degli evasori fiscali che dondolano mollemente nel porto turistico.

Tutto ciò alla destra del balcone, perché a sinistra, fino a qualche anno fa lo spettacolo era ancora più bello e con la vista spaziavi per chilometri fin oltre il Circeo. Poi arrivarono bulldozer e idrovore che scavando sul bagnasciuga vi piazzarono un edificio residenziale di 5 piani fuori terra, privandomi dei fantasiosi miraggi con i quali la Maga Circe allietava le mie brevi vacanze estive.
Mia madre, riposi in pace, cui quello scempio è stato risparmiato, era innamorata di tanto dono divino: passava ore ed ore a quel balcone respirando a piani polmoni l’aria salmastra e fantasticando chissacché con lo sguardo perso oltre l’orizzonte lontano. Lei non scendeva mai in spiaggia.

Io, invece, ci vado perché - benché non sia un fanatico dell’abbronzatura - confesso che mi piace prendere un colore che appaia un po’ più sano di quel pallido nordico che fa tanto malaticcio. Ma la spiaggia comporta inevitabilmente quell’eterogenea promiscuità imposta dagli ombrelloni attaccati l’uno all’altro.
Può capitarti, così, d’imbatterti in un’umanità composita che non sempre capisci, tanto è lontana dal tuo standard di vita e dalle cose che in sessant’anni hai imparato ad amare. E, benché tu ti senta aperto al nuovo, hai radicate in te le tue esperienze, la tua visione del mondo, nonché i canoni della tua educazione che, inevitabilmente, condizioneranno questa tua disponibilità.

Sicché, quest’anno, la spiaggia non mi piace: non mi piace quello che vedo e quello che sento.
A parte una coppia di amici per i quali ho brigato onde averli vicini d’ombrellone, e se escludo una dolcissima nonna che ho conosciuto in acqua con i suoi nipotini, mi sembra d’essere circondato da un mondo livoroso, asociale e sostanzialmente ostile ed aggressivo.
Girando lo sguardo vedi solo gente arrabbiata: padri che picchiano i bambini e senti madri che urlano ai figli piccoli: che cxxxx vuoi?
C’è, una per tutte, una bella signora sui trent’anni, abbronzata da fare invidia ad una nera congolese e dal fisico statuario che non parla: ruggisce e digrigna i denti. Il suo sguardo torvo spazia da un ombrellone all’altro con aria di sfida resa ancora più esplicita dalle lunghe unghia finte che esibisce come armi letali.
La più parte dei giovani sembra non aver alcuno dei freni inibitori fra quanti imposti dalla buona creanza: s’impossessano del tuo lettino momentaneamente vuoto, meglio se su quello c’è il tuo asciugamano e, se invece ci sei, magari sdraiato, ti si seggono con noncuranza a lato. Il loro linguaggio farebbe impallidire d’invidia un lenone alle prese con una prostituta riottosa ed i modi strafottenti ed aggressivi preludono a litigi che puntualmente scoppiano ed ai quali s’uniscono in un battibaleno genitori e nonni in difesa dei cresciuti rampolli.
Tutti insieme m’appaiono come un branco minaccioso il cui ambizioso disegno sia quello di infastidire, disturbare, sopraffare..., sicché la spiaggia è diventata un luogo di disagio e la sua pericolosità è assimilabile a quella d’uno stadio nel quale si svolga un derby stracittadino.

Sul far della sera torni a casa e ti riaffacci da quel balcone: la vista ti restituisce l’immagine degli ordinati ombrelloni, dell’azzurro d’un mare calmo ed invitante, d’un cielo che si tinge di rosa agli ultimi raggi del sole che tramonta.
E mormori a te stesso: come tutto è più bello visto da quassù... .

Noi e l'evasione fiscale

In questi giorni di ferie avvelenate il Governo ci parla di sacrifici lacrime e sangue, di tredicesime in discussione, di nuove tasse, nonché del cuore sanguinante del Presidente del Consiglio del quale non può fregarci di meno. Tutto ciò è divenuto nuovo argomento di accesa discussione dei miei vicini di ombrellone…, e la conclusione invariabilmente è una sola: Governo ladro, governo bastardo… .

Sono pronto ad unirmi al coro, laddove mi appare evidente che a pagare siano sempre i soliti, cioè quei pochi che effettivamente già pagano le tasse in Italia poiché – sono certo – che di tutto questo putiferio nulla interesserà ai proprietari delle barche che dondolano alla fonda un paio di chilometri più in là.
Tuttavia mi chiedo quanto questo governo, ma – a mia memoria - gli altri non hanno mai dato prova migliore, sia effettivamente il solo colpevole… , si perché anche noi, i tartassati, abbiamo le nostre belle colpe.

Mi spiego meglio. Mi trovo nell’amena località di mare dove ormai torno da 30 anni, grazie ai sacrifici di mia madre, riposi in pace, che ebbe l’idea di comprare qui 37 metri quadrati.
Qui è normale che pochi negozi espongano i prezzi al dettaglio, mentre è categorico che nessun negoziante o supermercato metta la tara sulla bilancia il che, mi fa dubitare anche della loro precisione. Non c’è bar che ti dia con regolarità lo scontrino per il caffè ed il cornetto, né la ricevuta che stringo in mano per ombrellone e lettini potrà mai essere esibita con valore legale.
Ma nessuno protesta! O, meglio, nessuno degli altri protesta, poiché sono 30 anni che, come il Don Chisciotte tanto caro ad Aldo, insieme con mia moglie e mia figlia, combatto contro i mulini a vento reclamando dagli esercenti tara e scontrino.
Sono arrivato, perfino, a rivolgermi a due vigili della Polizia Urbana, fra i cui compiti rientra quello di vigilare sull’annona, ma sono stato letteralmente deriso: “…deve annà in comune, noi dovemo fa ‘e murte a le machine…”. Certo, meglio estorcere 60 euro al poveraccio che la domenica arriva con la famiglia al mare che litigare con un negoziante, magari suo parente.
Ieri pomeriggio mia moglie ha seminato il panico in un supermercato per aver contestato alla commessa dei salumi che è reato penale non inserire la tara… . Oggi l’ho accompagnata in macelleria per tema che la picchiassero per strada, non si sa mai, e così ho potuto verificare, ancora una volta, che in quel negozio non c’erano prezzi esposti, né tara sulla bilancia e lo scontrino che ci hanno dato, sono marito e moglie, a casa è risultato non essere fiscale.

Gli Italiani, e non solo in meridione, si sa, sono sempre stati complici tra di loro contro tutto ciò che rappresenti lo Stato, basti vedere quante macchine ti “fanno i fari” quando c’è un controllo di polizia, ma che arrivino ad essere così idioti da farsi complici anche degli evasori fiscali questo mi sconvolge.
La maggior parte dei commercianti al dettaglio, secondo le tabelle del Ministero delle Finanze, non denuncia in media più di 17.000 euro lordi l’anno, quasi quanto i gioiellieri, peraltro. Cioè questa gente – secondo i tabulati - è povera! Salvo poi possedere ville ed appartamenti e far viaggiare i figli in Ferrari.
Possibile che non ci rendiamo conto che ogni volta che non reclamiamo tara e scontrino, ci accolliamo l’evasione fiscale di tali esercenti, e con essa quella dei liberi professionisti e degli artigiani dai quali non pretendiamo mai la fattura?
Un governo, qualunque esso sia, quando ha bisogno di soldi li prende dove li trova e, soprattutto, dove è più facile scovarli, cioè dal reddito fisso, ovverossia dai salariati, dagli stipendiati e dai pensionati… .
E finché un governo serio non porrà in essere una vera riforma fiscale, capace - cioè - di creare un conflitto d’interesse tra fornitore di prestazione e utente finale, inducendo quest’ultimo ad esigere la fatturazione, a noi - eterni tartassati - non resta che chiedere tara e scontrino per far emergere quell’evasione della quale ci rendiamo quotidianamente complici - e spalmare così su una base più ampia quei sacrifici ai quali siamo sistematicamente chiamati.

I Governi saranno pure bastardi, ma noi cosa siamo? Io non lo scrivo perché, di norma, non dico parolacce.

Amicizie Virtuali

Via internet si fanno gli incontri più strani, ma – spesso, molto spesso – trovi delle persone straordinarie e, perfino, nascono delle belle amicizie.

A me è capitato un po’ di tutto: sono stato bersagliato su Skype, ad esempio, da una incredibile quantità di ragazze slave in cerca di …amicizia.
La prima volta che è successo, sono già passati almeno tre anni, ci pensò mia moglie a schiarirmi le idee in proposito, dopo che la fanciulla – chattando in mia assenza, era passata in poche battute dal “lei ad “amore mio”. Al computer era la mia dolce metà e dubito abbia usato un linguaggio edificante, per quanto non mi ricordi mai d’averle sentito una parola fuori posto… .
Ma, in fondo, la colpa non era neppure delle belle signore in cerca di fortuna; le probabilità che potessi essere un pollo da spennare, infatti, erano obiettivamente notevoli data la foto ammiccante del grigio signore che confessava, con Plutarco: “…è dolce invecchiare con l’animo onesto, come in compagnia d’un amico dabbene”. E’ possibile che nei Balcani e nelle sconfinate steppe russe nessuno mai abbia sentito nominare il signor Plutarco.

Su facebook sono stato ancora più… sfortunato: fra i tanti onesti e le numerose signore che mi hanno onorato della loro virtuale amicizia, ho avuto anche il mio bel momento di richieste da parte di esuberanti giovanotti che offrono i loro servigi a vecchi bavosi in cerca di… emozioni. Tale assalto, che peraltro adesso sembra essersi sedato, m’aveva sorpreso poiché – a parte l’età - niente nel mio profilo denunciava tendenze… devianti.
L’attuale mia posizione mi ha portato a non adottare un preventivo filtro sulle richieste di amicizia che mi pervengono; la più parte di queste, infatti, giungono da Cavalieri o simpatizzanti dell’Istituzione che presiedo. Ciò mi induce a pensare che, nel particolare periodo di cui ho fatto cenno, possa aver dato l’ok a qualche personaggio sbagliato, dando così la stura alle offerte di sconce frequentazioni.
Niente di male: il bello di facebook è che gli amici si possono, oltre che rifiutare, perfino, cancellare. Potenza dei tempi moderni.

E’ nel giusto, pertanto, chi seleziona ed è nel giustissimo chi – potendo – applichi severe regole di prevenzione. Eppure ammetto che un po’ male ci rimani quando vieni rifiutato: tu sai chi sei, sai cosa vali, quanto hai da dare e quanto sei disposto a ricevere, per cui il tuo io – volenti o nolenti – ne rimane un po’ mortificato. Un po’ come quando coopti qualcuno in un Blog e questi ti fa “cadere dall’alto” la sua viva contrarietà.

Nel novero dei miei “amici” virtuali, però, c’è lo zoccolo duro di coloro che frequento con più assiduità e che ho imparato a stimare: ci sono gli amici amici; quelli conosciuti su AlBlog e quelli del Blog di Laura; qualcuno mi cerca perché amo la musica classica, altri si intrattengono con me perché condividono il mio modo di pensare o hanno motivo di ritenere che io sia una persona che valga la pena di frequentare, sia pure solo virtualmente.
Con Stefano siamo passati dalla tastiera all’amicizia vera ed alla frequentazione personale, così come spero un giorno possa accadere con Aldo, Luciana, Kathy, Marialuisa… e tanti altri ed altre ancora che mi gratificano della loro affettuosa stima.

Facebook, così come Skype e gli altri mezzi similari, o come tutte le cose in fondo, di per sé non sono né buoni né cattivi: è l’uso che ne fai che li fanno qualificare in modo o nell’altro.
C’è poi la tua educazione ed il tuo modo di relazionarti con il prossimo che è determinante, tanto nella rete che nella vita. Ricordo ancora con vivo disappunto una mia piccola disavventura: all’indomani del mio pensionamento sono al supermercato per un panetto di burro. Mi perdo tra mozzarelle, formaggi ed affini dei quali faccio la conoscenza per la prima volta ed il malandrino s’è defilato così bene che non riesco a scovarlo. Una giovane signora, districandosi con disinvoltura nel labirinto dei chilometrici scaffali, mi passa accanto: “signora, può indicarmi dove trovo il burro?” Questa, nonostante il mio aspetto di persona dabbene, mi posa addosso uno sguardo schifato e si allontana in fretta, neppure l’avessi insultata.

La rete, pertanto, potrà celare il tuo aspetto, la tua età, la tua condizione sociale perfino, ma non nasconderà mai ciò che veramente coltivi nel tuo cuore… .

Il Marocchino

Sbrigativamente li chiamiamo tutti “marocchini”. Siano essi indiani, filippini, magrebini o senegalesi, quelli che vendono la loro povera merce macinando chilometri sulla sabbia assolata, sono “marocchini”. Ce ne sono di tutti i tipi: allegri e sorridenti, seriosi e …professionali, tristi dallo sguardo vuoto che sembrano non vederti, tu che te ne stai abbandonato sul lettino e telo di spugna stinto che un altro marocchino ti ha venduto l’anno prima.

Qui, su questa spiaggia, pare che la specializzazione sia per razza e paese di provenienza: i Magrebini spingono su ruote da bicicletta bancarelle straripanti, più che l’arca di Noè, di costumi da bagno femminili; i Senegalesi girano con immensi sacchi zeppi di finte “louis vitton & affini”; gli Indiani sono i gioiellieri della battigia con le loro vetrinette tappezzate di anelli d’argentone, collane di vetro corallino, braccialetti d’osso spacciato per “vero avorio”; gli asciugamani, che forse per la crisi non sono neppure più di spugna, sono passati a malgasci ed altri isolani provenienti da quell’immenso oceano che di pacifico ha solo il nome.
Poi ci sono i più disgraziati fra i disgraziati, ma che fatalmente marocchini sono loro pure: uno di questi, di razza indefinibile, lo vedo sempre con un secchione di plastica verde pieno fino all’orlo di bianco cocco a pezzi. Passa tra un ombrellone e l’altro biascicando una flebile nenia della quale non ho mai afferrato le parole, ma forse vuol dire “coccobello”, come diceva sulla stessa spiaggia, con voce più stentorea già trent’anni fa, quel ragazzino dal capello di paglia che oggi - uomo fatto - ha una bancarella di noccioline all’ingresso del porto gremito di lussuose barche per evasori fiscali; solo il suo cappello è sempre lo stesso, forse pensa che gli porti fortuna.

Io scendo in spiaggia con l’asciugamano di spugna, quello del marocchino dell’anno prima, ed un libro sotto braccio. Non ho mai soldi con me. Fino a qualche tempo fa mi portavo un euro dietro: serviva per il caffè che sorbivo al baretto dello stabilimento finché la giovane e bella barista di prima (che sapeva fare un buon espresso) non ha fatto carriera passando alla cassa. E’ stata sostituita con una ragazzina della stessa età, apparecchio ai denti e trenta chili di troppo, che pare abbia un fatto personale con la Gaggia alle sue spalle, per cui non le riesce di trarne fuori niente di più d’una ciofeca.

Scendo senza soldi perché non compro bichini, anelli in argentone ed ho rinunciato perfino a quell’unico caffè che, ahimé, caffè non è più. Mi immergo nella lettura, rigorosamente all’ombra e mi lascio distrarre raramente dal chiacchiericcio dei vicini, dal vociare dei bambini che si rincorrono, dalle discussioni accese dei miei vicini (uomini) che commentano l’ultimo acquisto della squadra del cuore: qui son tutti romanisti e laziali, cosa vuoi che me ne freghi a me che tifo per il grande Milan.
Proprio all’ombrellone avanti al mio, c’è anche una sedicenne con un fisico da modella e piercing all’ombelico, ma finché non avrà frequentato una buona scuola svizzera non potrà rientrare fra i miei canoni estetici e, poi, … non vorrei essere accusato di pedofilia.

Ieri me ne stavo lì, tranquillo, immerso nelle mie pagine da intelligentone, quando avverto una presenza: alzo gli occhi e vedo un mazzetto di calzini bianchi da ginnastica stretti in una mano nera: Voi?
Io ancora preso dal filo della lettura: no, grazie. Ma i calzini non spariscono, sono lì immobili: voi? Prego!
Alzo la testa e subito ne inquadro la categoria: è un disgraziato fra i disgraziati ed anche un po’ avanti negli anni; lui non ha anelli, né “due pezzi” da sei euro da offrire; tende umilmente quei calzini da un tanto al chilo a me, ozioso e ben pasciuto signore.
Lo guardo con un sorriso amichevole: no, grazie.
Lui mi valuta, mi soppesa e, poiché - forse - gli ho appena sorriso: tu dai per mangiare?
Mi sento arrossire: non ho un centesimo con me, come faccio a spiegarglielo?
Lui sente il mio imbarazzo e certo arrossisce anche lui, ammesso che sotto la pelle nera si possa arrossire per la vergogna d’aver elemosinato.
Si allontana senza una parola.

L'età dell'oro

La rettitudine - così come tutte le altre virtù umane - rimane più forse un'aspirazione, un'utopia onirica della parte migliore dell'uomo che aspira all'immortalità ed alla perfezione. Non per niente, in tutti i tempi, egli ha favoleggiato sull'età dell'oro in cui tutti gli esseri erano buoni ed il leone s'abbeverava con l'antilope ed il lupo con l'agnello.

Un sogno che non teneva conto di Caino.
Lo sforzo che facciamo è quello di voler credere che tale età sia esistita e quando nel quotidiano ci ingegniamo a praticare taluna delle virtù, nell'inconscio ci figuriamo che l'età dell'oro possa comunque tornare, almeno nell'infinito piccolo del nostro mondo.

Lettera ad un politico che non sapeva pronunciare la parola "patria"

Purtroppo nei tempi imposti negli incontri “ufficiali” non si ha mai agio di portare a termine discorsi compiuti con reciproca soddisfazione. Ed in effetti abbiamo lasciato malamente in tronco quello, che avevo iniziato io, circa l’incapacità degli Italiani di pronunciare la parola “patria”.
Spero, pertanto, voglia prestare la Sua cortese attenzione alla presente con la quale mi propongo di esaurire l’argomento iniziato, poiché dispero d’avere mai un’occasione adeguata per farlo altrimenti.
Circa il termine “patria”, La pregherei di leggere i versi giovanili, che una mattina m’uscirono di getto dopo la cerimonia dell’alzabandiera con la quale, quotidianamente, iniziavano le nostre giornate di cittadini in armi al reggimento.

Patria ( Alzabandiera - 1994)
Nel chiaro mattino d’un cielo sgombro di nubi,
solenne sale il Tricolore sullo snello pennone.
L’orgoglio monta dal vigore dei giovani cuori
che Lui mirando, irrigiditi sul saluto,
offrono ad Esso il quotidiano dovere
nell’inconscia promessa di ben altro sacrificio,
... se pur necessario.

Lo squillo della tromba e l’ordine secco
strappa il cavalleggero dal suo raccoglimento
e subitanei tornano a lui
l’immagine amata della desiderata fanciulla,
la mai sopita voce che consolava antichi vagiti,
il tocco fermo della paterna mano.
Rivede insieme banchi di scuola e gioiose risate,
bricconate ardite e sfide mai portate ...

... ed un attimo prima che si ricominci,
finalmente scopre che tutto questo è Patria!

Noterà che i contenuti che a "Patria" attribuiva il giovane ufficiale di tanti anni fà, erano ben diversi da quelli retoricamente retrivi di cui si ha pudore, anzi poneva quasi come un’improvvisa scoperta che Patria fosse la tua casa, la tua famiglia, la tua donna, le tue esperienze, in una parola: la tua identità.
Per quello che sei e per la libertà di esserlo, sei disposto - più o meno consapevolmente - al sacrificio della tua stessa esistenza, perché senza la tua identità sei solo uno schiavo senza radici.

Ecco, quindi, che allorché ci si riunisce per onorare quanti sono morti per la nostra libertà d’essere Italiani, i sinonimi - nei quali ci hanno cresciuto - diventano assolutamente inadeguati a riconoscere la portata di quel sacrificio poiché, mentre si può parlare delle industrie del Paese o della siccità che ha colpito il Paese, dire che quanti hanno perduto la vita sui campi di battaglia per consentirci di essere quello che siamo o che vorremmo essere, siano caduti per il Paese, suona d’ingratitudine e, insieme, mortifica coloro che si sono riuniti nel loro ricordo.

Oggi abbiamo perso l’abitudine ad identificare le cose col proprio nome; non più carceri, bensì “case circondariali”, come - ipocritamente - s’è sostituito con “collaboratrici domestiche” ed “operatori ecologici” le parole cameriere e spazzini, quasi che queste nuove terminologie riuscissero ad attribuire più decoro alle cose ed alle persone che così si vogliono identificare.
Per il termine “patria” s’è verificato il processo inverso sicché, ad Essa, abbiamo tolto dignità e decoro, come se “terra dei padri” stesse ad identificare qualcosa di cui vergognarci.
Quanta invidia provo per quelle bandiere che garriscono quotidianamente ed in ogni angolo di Parigi o di Londra, e quanto orgoglio riconosco in quei popoli che, memori delle loro tradizioni, guardano al futuro.
Quanta pena sento, di contro, per la mia Patria negletta che, nelle rare ricorrenze, esibisce drappi sgualciti e stinti al sole, quasi che Augusto, Dante, Michelangelo, Leonardo, e via via a scendere..., Leopardi, Garibaldi, Verdi, Marconi, Fermi, non siano degni d’altrettanto orgoglio.
E termino questa mia considerazione: c’è voluto un Presidente quale Ciampi per ridare dignità alle cose della Patria, altrimenti circoscritte agli stadi dei grandi avvenimenti sportivi, e capisco come cinquant’anni di disfattismo ideologico e di rigetto per un certo tipo di retorica, siano difficili da restaurare nelle coscienze. Tuttavia auspicherei che, nella continuità di quanto iniziato da citato benemerito Presidente, si facesse uno sforzo intellettuale per restituire ai nostri giovani memoria e orgoglio d’essere Italiani.