Il calendario
ci ricorda che, oggi 19 dicembre, è San Dario e questo mi riporta alla
memoria un “dramma” che vivevo da bambino. Parlo di quasi sessant’anni fa,
quando in pochi si chiamavano Dario.
Allora i miei compagni di collegio erano soprattutto Salvatore,
Filippo, Giuseppe, Antonio, Domenico, Francesco..., che noi - non ancora inquinati dalle mode anglofone -
nel quotidiano chiamavano: Turi, Totò, Pippo, Pino, Peppo, Peppuccio, Nino,
Mimmo, Cecco, Ciccio... .
Per me niente di tutto ciò: io
ero Dario e tutti mi chiamavano Dario, a parte una zia per la quale ero sempre
stato Dariuccio.
Ed i miei compagni avevano anche un vantaggio: per loro - oltre al
compleanno - c’era anche l’onomastico, u santu, come si diceva a Palermo, mentre per me c’era solo il
compleanno, perché nessuno - neppure le suore del collegio - sapeva che
esisteva il mio Santo, e quindi a me spettava solo una festa... .
Voi direte: ... ma c’è anche la festa di tutti i Santi... .
Vuoi mettere quella con una festa tutta tua?
Vuoi mettere quella con una festa tutta tua?
Me n’ero fatto un cruccio e, se
da una parte ero lusingato dall’essere il solo Dario del collegio, dall’altra
era una sofferenza essere orfano, oltre che del padre anche ...del santo.
E questa frustrazione me la sono portata dietro ancora per qualche anno,
sia pure annacquata dal tempo che passava e quasi non ci pensavo più, quando al
ginnasio conobbi una... Daria, una bella ragazzina di famiglia bene ed
altolocata che guardava tutti con la puzza sotto al naso.
Io per fare amicizia le dissi:
- Pure tu, come me, con il problema del Santo?
E lei, arricciando il naso:
- Santa Daria è il 25 ottobre..., sei tu che sei sbagliato!
- Pure tu, come me, con il problema del Santo?
E lei, arricciando il naso:
- Santa Daria è il 25 ottobre..., sei tu che sei sbagliato!
Sbagliato io? Ma vattela a
prendere nella giacca..., tu e tutte le Darie come te..., ma forse i termini
erano stati più forti, poiché allora - come tutti quelli della mia età - dicevo
anche le parolacce.
Il liceo era grande e non la rividi più... , ma la cosa era riaffiorata
ed ora tornava a... seccarmi.
Poi un bel giorno Padre Neri, il gesuita che ci faceva religione,
simpatico a tutti forse perché lo sentivamo diverso dagli insegnati di
religione avuti fin lì, lui che aveva preso gli ordini solo a trent’anni, m’ebbe
a dire:
- Ma lo sai che alla Cappella Palatina c’è raffigurato il tuo santo?
- Ma lo sai che alla Cappella Palatina c’è raffigurato il tuo santo?
- Come il mio santo? io non ho santi.
- Ma che sciocchezza! Certo che ce
l’hai: è San Dario di Nicea, martire e la sua festa cade il 19 dicembre.
Oh, finalmente, avevo colmato la lacuna che tanto m'aveva angustiato l'adolescenza!
Quanti falsi problemi angustiano
i ragazzi che non conoscono ancora la verità scolpita nei versi del sommo
Leopardi: “...godi, fanciullo mio, stato soave, stagion lieta è codesta...”.
Padre Neri, il gesuita, lo stesso che mi avrebbe riconosciuto a prima
vista vent’anni dopo quando, ormai uomo e padre di famiglia, ero andato a
trovarlo nella sacrestia di Casa Professa, fece di più: alcuni anni dopo, ero
già militare, m’inviò una cartolina della Cappella Palatina di Palermo dove, fra gli
sfavillanti mosaici d’un arco spiccava un tondo dentro al quale c’era un volto
barbuto e la scritta intorno “Aγιος Dareios”.
Ho tenuto
quella cartolina per tantissimi anni, un po’ per l’amore che nutrivo verso quel
sacerdote, un po’ perché sentivo - più o meno consciamente - che quel tondo faceva
giustizia di una mia lontana ...frustrazione.