Purtroppo nei tempi imposti negli incontri “ufficiali” non si ha mai agio di portare a termine discorsi compiuti con reciproca soddisfazione. Ed in effetti abbiamo lasciato malamente in tronco quello, che avevo iniziato io, circa l’incapacità degli Italiani di pronunciare la parola “patria”.
Spero, pertanto, voglia prestare la Sua cortese attenzione alla presente con la quale mi propongo di esaurire l’argomento iniziato, poiché dispero d’avere mai un’occasione adeguata per farlo altrimenti.
Circa il termine “patria”, La pregherei di leggere i versi giovanili, che una mattina m’uscirono di getto dopo la cerimonia dell’alzabandiera con la quale, quotidianamente, iniziavano le nostre giornate di cittadini in armi al reggimento.
Patria ( Alzabandiera - 1994)
Nel chiaro mattino d’un cielo sgombro di nubi,
solenne sale il Tricolore sullo snello pennone.
L’orgoglio monta dal vigore dei giovani cuori
che Lui mirando, irrigiditi sul saluto,
offrono ad Esso il quotidiano dovere
nell’inconscia promessa di ben altro sacrificio,
... se pur necessario.
Lo squillo della tromba e l’ordine secco
strappa il cavalleggero dal suo raccoglimento
e subitanei tornano a lui
l’immagine amata della desiderata fanciulla,
la mai sopita voce che consolava antichi vagiti,
il tocco fermo della paterna mano.
Rivede insieme banchi di scuola e gioiose risate,
bricconate ardite e sfide mai portate ...
... ed un attimo prima che si ricominci,
finalmente scopre che tutto questo è Patria!
Noterà che i contenuti che a "Patria" attribuiva il giovane ufficiale di tanti anni fà, erano ben diversi da quelli retoricamente retrivi di cui si ha pudore, anzi poneva quasi come un’improvvisa scoperta che Patria fosse la tua casa, la tua famiglia, la tua donna, le tue esperienze, in una parola: la tua identità.
Per quello che sei e per la libertà di esserlo, sei disposto - più o meno consapevolmente - al sacrificio della tua stessa esistenza, perché senza la tua identità sei solo uno schiavo senza radici.
Ecco, quindi, che allorché ci si riunisce per onorare quanti sono morti per la nostra libertà d’essere Italiani, i sinonimi - nei quali ci hanno cresciuto - diventano assolutamente inadeguati a riconoscere la portata di quel sacrificio poiché, mentre si può parlare delle industrie del Paese o della siccità che ha colpito il Paese, dire che quanti hanno perduto la vita sui campi di battaglia per consentirci di essere quello che siamo o che vorremmo essere, siano caduti per il Paese, suona d’ingratitudine e, insieme, mortifica coloro che si sono riuniti nel loro ricordo.
Oggi abbiamo perso l’abitudine ad identificare le cose col proprio nome; non più carceri, bensì “case circondariali”, come - ipocritamente - s’è sostituito con “collaboratrici domestiche” ed “operatori ecologici” le parole cameriere e spazzini, quasi che queste nuove terminologie riuscissero ad attribuire più decoro alle cose ed alle persone che così si vogliono identificare.
Per il termine “patria” s’è verificato il processo inverso sicché, ad Essa, abbiamo tolto dignità e decoro, come se “terra dei padri” stesse ad identificare qualcosa di cui vergognarci.
Quanta invidia provo per quelle bandiere che garriscono quotidianamente ed in ogni angolo di Parigi o di Londra, e quanto orgoglio riconosco in quei popoli che, memori delle loro tradizioni, guardano al futuro.
Quanta pena sento, di contro, per la mia Patria negletta che, nelle rare ricorrenze, esibisce drappi sgualciti e stinti al sole, quasi che Augusto, Dante, Michelangelo, Leonardo, e via via a scendere..., Leopardi, Garibaldi, Verdi, Marconi, Fermi, non siano degni d’altrettanto orgoglio.
Quanta pena sento, di contro, per la mia Patria negletta che, nelle rare ricorrenze, esibisce drappi sgualciti e stinti al sole, quasi che Augusto, Dante, Michelangelo, Leonardo, e via via a scendere..., Leopardi, Garibaldi, Verdi, Marconi, Fermi, non siano degni d’altrettanto orgoglio.
E termino questa mia considerazione: c’è voluto un Presidente quale Ciampi per ridare dignità alle cose della Patria, altrimenti circoscritte agli stadi dei grandi avvenimenti sportivi, e capisco come cinquant’anni di disfattismo ideologico e di rigetto per un certo tipo di retorica, siano difficili da restaurare nelle coscienze. Tuttavia auspicherei che, nella continuità di quanto iniziato da citato benemerito Presidente, si facesse uno sforzo intellettuale per restituire ai nostri giovani memoria e orgoglio d’essere Italiani.
Buona fortuna, dario...
RispondiEliminaMi sembra che il tuo augurio, caro Aldo, sia intriso di amaro scetticismo...
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