giovedì 28 novembre 2013

L'incredibile parabola politica del signor B.


Risposta ad un amico che mi scrive: Berlusconi è vittima del suo anticomunismo:
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"Caro amico, non sono certo che le cose stiano esattamente nei termini che descrivi. Se così fosse, quella che tu chiami “l’incredibile parabola politica” s’ammanterebbe di dignità. Parlo di quella dignità che deve essere comunque riconosciuta a chi ha una fede e ne persegue con convinzione le finalità.
Temo che per  il signor B. l’anticomunismo sia stato solo un alibi, ben congegnato e defilato con i buoni propositi da ostentare alla gente, che così ha finito per consegnargli il Paese. Ciò accade per merito di quest’uomo dall’intelligenza mostruosa, ma ancor di più per l’inconsistenza degli avversari politici, che non seppero opporgli niente di meglio di un collaudato boiardo di stato prestato alla politica: Prodi.
Su Bersani stendo un velo pietoso.

B. scende in politica per salvare il suo impero industriale ed economico, per il quale avverte avvisaglie di appetiti che, in nome della democrazia, ne minacciano lo smembramento. La minaccia che si paventa, infatti, non proviene dal mercato, o dalla finanza; essa è rappresentata dal nostrano rapace potere politico che - agli inizi degli anni  ’90 - ha messo gli occhi su Mediaset.
Da qui l’idea geniale, l’uovo di Colombo: insediarsi in parlamento per accedere a quegli stessi strumenti che la politica si appresterebbe a mettere in campo per spartirsi quanto - con lungimiranza - lui messo insieme a far data delle prime radio libere.
Suppongo che la facilità con la quale ciò gli riesca, sorprenda anche lui: gli Italiani, infatti, ne hanno le tasche piene dei professionisti della politica e fanno un ragionamento semplice: “se lui ha saputo in così pochi anni fare tanto per sé, è senz'altro migliore di tutti questi parassiti che nulla di meglio hanno fatto in vita loro, se non scalare le segreterie dei partiti”.
Un ragionamento perfino logico per quanti intendono  la politica come servizio.

Gli Italiani - e la storia lo dimostra - non amano questa sinistra che persegue il livellamento verso il basso. Gli italiani sono individualisti e, nel loro individualismo, sono ambiziosi: acquistano casa, fanno studiare i figli e sperano per loro un avvenire migliore del proprio.

Il primo B. è un ingenuo in politica, e si rompe subito le ossa allorché, per legge, tenta di equiparare la tassazione fra le Coop e gli altri supermercati: lui possiede la Rinascente e mal sopporta la concorrenza delle cooperative che si avvantaggiano ancora delle esenzioni fiscali ideate nel dopoguerra per favorire la ripresa. Ma impara presto la lezione, proprio perché è molto più intelligente dei suoi avversari e, da quel momento, non mollerà più l’alleato padano, costi quel che costi.
A questo punto i suoi avversari mettono in moto l’intellighenzia, la quale approda ad un assioma: "nessuno può diventare così ricco, in così poco tempo, senza nascondere più di qualche scheletro negli armadi".
Il che è anche vero.

Da quel momento è caccia aperta: centinaia di perquisizioni nelle sue proprietà, nei suoi giornali e nelle sue aziende. A Partire dal ’95, sono 34 i processi che si instaurano a suo carico, con imputazioni che vanno dal falso in bilancio, alla corruzione di magistrati, dall’associazione mafiosa al concorso in strage, dall’induzione alla prostituzione, alla frode fiscale, ed altri ancora per elencare i quali non basterebbe mezzo codice penale... .
Berlusconi risponde a colpi di leggi ad personam, che lo mettono a riparo da qualsiasi condanna, finché non accade un fatto nuovo: col passare degli anni, ebbro di ricchezza e di potere, perde il contatto con la realtà ed insieme prudenza, tratto e dignità. Accecato dall’adulazione della sua corte di manutengoli, convinto di poter comprare qualsiasi cosa e chiunque, si avvia tronfio verso verso quella china che lo porterà alla perdizione.

Il segnale che dovrebbe allarmarlo è l’abbandono della moglie, ma lui è ormai così insensato da non accorgersi di quanto gli sta succedendo, sicché ripudiata ogni forma di ritegno, indulge in abitudini che, se censurabili in un privato cittadino, appaiono insopportabili in un capo di stato.
Questo significa che non è neppure ascrivile alla magistratura, che lui definisce di parte, la sua rovina: è stato lui stesso a suicidarsi politicamente fornendo ai giudici di Milano gli strumenti per la sua eliminazione.
Oggi l’uomo, psicologicamente malato e spaventato per lo spettro della galera che gli si materializza davanti agli occhi a seguito della decadenza da parlamentare, ha adottato il motto: “Après moi le deluge”, in ciò seguito dai suoi scherani che gli si sono stretti attorno, non già per fedeltà, ma perché sanno che finito B., a loro non rimarrà che la via dell’esilio politico.





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