martedì 18 settembre 2012

No, no:... io ho capito perfettamente....


Ricevo una telefonata a casa:
- E’ il signor...? Si, e lei chi è?
- Qui è  il Centro dati per la sanità..., stiamo facendo una ricerca statistica...
- Mi faccia capire, quale Centro dati?
Lei, insofferente. ...ma quello della Sanità... .
Vorrei già mandarla a zappare il mare, ma poi pensi: è una che si guadagna il pane in un call center, lavoro stressate e mal pagato... .
- Mi dica, allora:

Seguono cinque domande le più generiche possibili: si avvale della struttura pubblica..., si serve dei mezzi pubblici..., fa movimento..., la sua età è fra i 45 ed i 75.... (?).

Ed alla fine conclude: lei, avendo risposto alle mie domande, ha la possibilità di ritirare uno dei seguenti oggetti, assolutamente gratis..., e sciorina l’elenco di costosi oggetti, perfino una pentola a pressione..., deve solo venire sabato a...
- Verrà?
- Assolutamente no...
- Ma perché...?  Ha paura di dover pagare...?
- Non verrò perché so già che mi troverò di fronte ad un venditore che...
Le mi interrompe e villanamente...:
- Lei non ha capito niente... .
E sbatte giù il telefono.

venerdì 7 settembre 2012

L'Arte ed i contributi statali


In questi giorni in cui a Venezia si tiene il Festival del Cinema, sono tornati al Lido anche i lavoratori di Cinecittà a protestare, in nome dell’arte, contro i tagli alle sovvenzioni al cinema nostrano.
Sabato su domenica scorsa, mi sono alzato verso le tre del mattino, come troppo spesso mi succede, purtroppo. Su Sky c'era un film: Così fan tutte, con Claudia Koll. Non avevo mai visto un film di Claudia: me la ricordavo solo su “Linda ed il maresciallo...”, la simpatica serie televisiva di qualche anno fà.
Incuriosito ho lasciato il film, che era già cominciato da una decina di minuti, ma non sono riuscito ad arrivare fino alla fine: era un porno unico senza alcuna trama; un succedersi di immagini sopra le righe e di rapporti sessuali, il più delle volte contro natura..., fine a se stesse ed atte solo a risvegliare i pruriti di qualche maniaco dalla mente debole.

Ma non è stato neppure questo a darmi fastidio, bensì il messaggio che il debosciato regista, Tinto Bras, ed i suoi autori vogliono mandare: il matrimonio è una gabbia; una prigione per sopravvivere alla quale i coniugi - e la donna  in particolare - deve vivere la propria sessualità in piena libertà, meglio se con incontri casuali. Quello dei coniugi che non accetta questa idea, è un ottuso tiranno ed è giusto che venga abbandonato... .
Proprio un magnifico messaggio, contrabbandato con l’alibi dell'arte e sovvenzionato con i contributi statali per lo spettacolo.

Di questi cattivi maestri, pagati ed arricchiti con le nostre tasse, l'Italia è piena e fin'ora se n'è compiaciuta.
Dubito, peraltro, che questa sia arte, mentre sono certo che un Paese civile non possa devolvere i soldi dei contribuenti per assassinare i valori fondamentali della famiglia ed i sani principi ai quali educare i suoi giovani.

Storia d'una rosa

Si chiama Carla. L'avevo trovata al supermercato, in una di quelle confezioni “segnatura e sacco a contenerne le radici”, posta in vendita con lo sconto di fine stagione. L'avevo comprata per metterla in vaso, sul balcone, perché allora abitavo ancora in condominio e non avevo un mio giardino.
Carla, messa dimora, senza che le accordassi particolari cure, prese a sbocciare... d'un rosso intenso..., inaspettato, sorprendente.
Bellissima, per essere la rosa in vaso d'un balcone del terzo piano, e faceva tanto casa l'avere un fiore tutto tuo, sia pure sul balcone della cucina: eravamo più giovani..., più assetati di vita.
Poi mia moglie fu ricoverata in ospedale con la solita minaccia d'aborto..., erano anni che cercavamo un figlio e questo se n'era sempre andato prima di vedere la luce: il primo a tre mesi di gestazione, il secondo a sei mesi, un parto questo ultimo per un maschietto che (allora) non sarebbe mai sopravvissuto... .
Ora eravamo al sesto mese del terzo tentativo e lei, mia moglie era in una stanza d'ospedale, con una femminuccia in grembo ed entrambe lottavano per la vita.
Quel pomeriggio, di rientro dal lavoro, m'accingevo ad uscire per l'ospedale, e mi guardavo attorno chiedendomi: cosa le porto?
Il mio occhio cadde su Carla che esibiva un fiore appena sbocciato. Ecco..., una rosa...; la colsi... .
Profumava di buono, di fresco... . Gliela portai mettendola in un bicchiere, sul comodino. Mi sembrava d'averle portato un pezzo di casa nostra... . Lei l'accolse con un sorriso... forse con lo stesso pensiero.
La rosa durò parecchi giorni, cinque o sei..., perché Carla ha una caratteristica... dura tantissimo, ma nel corso della sua vita recisa... cambia ogni giorno: lentamente dischiude i petali assumendo volume..., come fan tutte direte..., si..., ma lei triplica la sua dimensione e mentre cresce passa tutte le gradazioni del rosso da quello più intenso fino ad arrivare al rosa. Un rosa fresco che dura almeno ancora due giorni... . Poi - senza avviso - perde tutti i petali di colpo..., eppure sembrava fresca... .
Finché non nacque Stefania, cioè ancora per altri trentuno giorni, Carla, la rosa, fiorì sempre e sempre mi diede l'opportunità di portare in ospedale un ...pezzo di casa mia.
Oggi, in giardino, Carla domina l'angolo delle rose: è sempre la più bella ed anche la più... amata. Certo, è invecchiata e non getta più quella quantità di fiori di ventisei anni fa.
Temiamo che un giorno possa lasciarci e per questo son due anni che cerchiamo di farne delle talee..., con scarso successo per la verità.
Sembrerà assurdo, ma sento che - se Carla dovesse appassire - la mia casa non sarebbe più la stessa: è come se qualcosa di noi morisse con lei.