In questi giorni in cui a Venezia
si tiene il Festival del Cinema, sono tornati al Lido anche i lavoratori di
Cinecittà a protestare, in nome dell’arte, contro i tagli alle sovvenzioni al cinema
nostrano.
Sabato su domenica scorsa, mi sono alzato
verso le tre del mattino, come troppo spesso mi succede, purtroppo. Su Sky
c'era un film: Così fan tutte, con Claudia Koll. Non avevo mai visto
un film di Claudia: me la ricordavo solo su “Linda ed il maresciallo...”, la simpatica
serie televisiva di qualche anno fà.
Incuriosito ho lasciato il film, che era già
cominciato da una decina di minuti, ma non sono riuscito ad arrivare fino alla
fine: era un porno unico senza alcuna
trama; un succedersi di immagini sopra le righe e di rapporti sessuali, il più delle volte
contro natura..., fine a se stesse ed atte solo a risvegliare i pruriti di
qualche maniaco dalla mente debole.
Ma non è stato neppure questo a darmi fastidio, bensì il messaggio che il debosciato
regista, Tinto Bras, ed i suoi autori vogliono mandare: il
matrimonio è una gabbia; una prigione per sopravvivere alla quale i coniugi
- e la donna in particolare - deve vivere la propria
sessualità in piena libertà, meglio se con incontri casuali. Quello dei coniugi
che non accetta questa idea, è un ottuso tiranno ed è giusto che venga
abbandonato... .
Proprio un magnifico messaggio, contrabbandato
con l’alibi dell'arte e sovvenzionato con i contributi statali per lo
spettacolo.
Di questi cattivi maestri, pagati ed
arricchiti con le nostre tasse, l'Italia è piena e fin'ora se n'è compiaciuta.
Dubito, peraltro, che questa sia arte, mentre sono certo che un Paese civile non possa devolvere i soldi dei contribuenti per assassinare i valori fondamentali della famiglia ed i sani principi ai quali educare i suoi giovani.
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